Ufficio di Milano del Parlamento europeo, C.so Magenta 59

11 ottobre 2014

La zona euro il 1/1/2015

Alla fine dell'anno scorso, il blueprint della Commissione europea e il rapporto dei Quattro presidenti redatto da Van Rompuy lanciavano l'idea delle "quattro unioni" (bancaria, fiscale, economica e politica) come programma per il completamento dell'unione monetaria.

L'Osservatorio sulla Politica europea dell'Italia, istituito di recente per iniziativa del centro regionale lombardo del MFE, organizza a Milano per l'11 ottobre una tavola rotonda per discutere di questo tema e in particolare del ruolo che il Governo è chiamato ad assumere durante il semestre di presidenza dell'Unione europea.

 

Locandina

Breve sintesi degli interventi

Antonio Villafranca (ISPI) - Punto di partenza UEM: non era un'area monetaria ottimale. Ha funzionato il vantaggio per i paesi del sud l'abbassamento dei tassi di interesse e l'arrivo dei flussi di capitale. Perché non c'è stato il catching up? Invece di investire in attività produttive o si sono fatte scelte per aumentare i consumi (es. Spagna), o debito, che costava poco. L'euro ha coperto le debolezze dei paesi meno virtuosi o incapaci di avere politiche lungimiranti. Il punto di riferimento è la produttività del lavoro, che è cresciuta ad esempio in Germania al punto di recuperare competitività in modo efficace; in un paese come l'Italia è crollata.
L'euro ha quindi aumentato le divergenze. Negli Stati federali, es.USA, la divergenza è gestita, sia dai meccanismi automatici legati al fatto di condividere mercato e moneta - es. mobilità lavoro -, sia dal bilancio federale. Il punto è che le riforme nazionali sono una condizione necessaria ma non sufficiente, perché il fattore investimenti è l'altro corno del problema. Questo implica la necessita sia di organizzare una redistribuzione all'interno dell'area monetaria, sia di aumentare gli investimenti che nell'eurozona sono sotto al livello necessario.

Giulia Rossolillo (Università di Pavia – Rivista Il Federalista) - La crisi ha messo in evidenza in modo lampante l’insufficienza dei mezzi a disposizione dell’Unione europea per affrontare periodi di difficoltà, insufficienza dovuta ai difetti genetici della moneta unica, e cioè alla pretesa, nata a Maastricht, di creare una moneta senza Stato, e dunque di dar vita a una moneta mantenendo la gestione della politica economica a livello nazionale, nell’illusione da un lato che gli squilibri esistenti tra i vari Stati si stemperassero grazie a una politica monetaria unica, dall’altro che essi si potessero contenere attraverso strumenti di semplice coordinamento delle politiche economiche. Occorre, come avviene negli Stati federali, di consentire al potere centrale di procurarsi autonomamente, tramite imposte, le risorse necessarie per condurre quelle politiche che necessariamente devono essere svolte al suo livello, e agli Stati membri di procurarsi, a loro volta, le risorse fiscali necessarie per gestire le politiche che rimangono a livello nazionale. Si tratta evidentemente di un salto qualitativo notevole nell’integrazione della zona euro, che inevitabilmente dovrebbe condurre alla creazione di un vero e proprio governo economico dell’eurozona. La competenza fiscale implica infatti necessariamente una legittimazione democratica del potere incaricato di esercitarla, e dunque non sarebbe pensabile l’attribuzione di un simile potere a un organo tecnico sottratto al controllo dei rappresentanti dei cittadini. La svolta verso il federalismo fiscale è cioè la possibilità che sia il livello europeo (eurozona) sia il livello nazionale finanzino con risorse fiscali proprie le politiche attribuite alla loro competenza, eliminerebbe invece in radice tali problemi. In primo luogo, perché implicherebbe la creazione, a livello dell’eurozona, di un’autorità responsabile di fronte al PE (o meglio a una parte di esso) e dunque non porrebbe problemi di legittimazione democratica, in secondo luogo perché Stati membri ed eurozona avrebbero, ciascuno nella propria sfera di competenza, le risorse necessarie per svolgere un’azione efficace, in terzo luogo perché la possibilità per un’autorità fiscale dell’eurozona di tassare alcune attività economiche di rilevanza sovranazionale e di disporre di tali risorse in un bilancio separato consentirebbe di intervenire efficacemente per colmare gli squilibri tra Stati membri ed aiutare gli Stati in crisi.

Lia Quartapelle Procopio (Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati) - Siamo a buon punto su Unione bancaria e fiscale, ma dobbiamo ancora lavorare su quella economica, e resta molto arretrata quella politica. Unione fiscale oggi: siamo a buon punto con fiscal compact & c. Lo spirito è però quello punitivo, il punto è se si riesce ad inserire un'ottica premiale (v. Moavero Milanesi sul Corriere).  Per l'unione economica, invece servono politiche asimmetriche ed interventi sui meccanismi di riequilibrio degli shock asimmetrici. In particolare l'integrazione del mercato del lavoro è una delle mancanze più gravi, dato che i costi dell'assorbimento della crisi sono ricaduti proprio sui mercati del lavoro nazionali. Le iniziative della rete parlamentare under 35: contratto unico europeo e centro europeo di "collocamento". Unione politica, ruolo politico commissione e legittimazione democratica eurozona. Elementi da valorizzare: UE come comunità, non semplice spazio; apertura sui lavori dell'UE, trasparenza nei negoziati internazionali per far vedere come l'Europa difende i valori dei suoi cittadini.

Benedetto Della Vedova (Sottosegretario agli Affari Esteri) - L'esempio italiano Nord-Sud indica che i trasferimenti fiscali non bastano a riequilibrare le divergenze quando queste hanno origine nella debolezza di una società civile e politica. Quindi il modello non può essere crescita a debito (fragilità delle politiche monetarie espansive), ma i paesi fragili devono capire le ricette, ed essere anche sostenuti nelle loro difficoltà. Il punto cruciale sembra quello dei tempi, insieme agli investimenti (per i quali però i soldi dovrebbero già esserci - servono soprattutto meccanismi finanziari per attirare capitali privati).

 

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