In questi ultimi mesi il dibattito politico europeo si è spesso acceso sulla necessità di contrastare il patriottismo economico dei singoli paesi dell’Unione intensificando la cooperazione per la nascita di “campioni europei” e per l’avvio di progetti europei nei settori strategici dell’economia, della finanzia, dell’industria per competere su scala globale. Il controllo e la gestione del mercato finanziario ed azionario europeo evidentemente non rientra in questa ottica, come dimostra la vicenda dell’accordo tra le due società che gestiscono gran parte delle trattazioni alle borse di New York (NYSE) e di Parigi, Amsterdam, Bruxelles e Lisbona (Euronext). Non potendo promuovere campioni nazionali capaci di competere su scala globale, ma non volendo porre le basi politiche ed economiche per creare dei campioni europei, è inevitabile che si finisca tra le braccia dei campioni extra-europei.
Questo accordo ha per il momento escluso un altro importante società, la Deutsche Börse, dalla corsa verso la creazione di un polo borsistico europeo. Aldilà dei commenti entusiasti di alcuni dei protagonisti dell’accordo e di diversi esperti soddisfatti della nascita di un embrione di borsa transatlantica, dobbiamo domandarci se questo fatto rappresenta un’opportunità o una ulteriore prova di impotenza dell’Europa. A questo proposito, e in attesa di ulteriori sviluppi, sono possibili ameno due osservazioni.
La prima è che l’accordo tra NYSE ed Euronext ha messo in evidenza una pericolosa rivalità franco-tedesca. Mentre da un lato il governo tedesco ha favorito il tentativo di allargamento dell’orbita di influenza della Deutsche Börse per accrescere il ruolo di Francoforte come principale piazza finanziaria europea (1), dall’altro lato quello francese ha tacitamente appoggiato l’ingresso americano in questo settore piuttosto di sostenere il piano di Berlino. Interrogato in proposito il Ministro dell’economia francese Thierry Breton si è limitato ad osservare che Euronext è una società di diritto olandese, “non è né Danone né Arcelor”, riferendosi ad altri episodi in cui Parigi si è impegnata a difendere i propri interessi. Non tutti in Francia sono della stessa opinione. Per esempio il Presidente della commissione finanze del Senato francese Jean Arthuis, nel rammaricarsi del fatto che Euronext e Deutsche Börse non abbiano saputo creare il nucleo di una borsa europea ha ironicamente chiesto: “Perché non è stata Euronext ad acquistare NYSE?”.
La seconda osservazione riguarda una subordinazione nei fatti del perseguimento degli obiettivi europei rispetto a quelli dell’apertura dei mercati nazionali alla liberalizzazione. In questo caso specifico per gli europei il problema di rafforzare gli strumenti di gestione del mercato finanziario dell’area dell’euro è stato sottovalutato, o addirittura ignorato (2).
Si tratta di uno stato delle cose così evidentemente in contraddizione con i ripetuti richiami ad un rilancio europeo, che incomincia ad essere registrato anche dai commenti sui principali quotidiani, come dimostrano per esempio questi commenti:
- “Con l’arrivo di Wall Street, la grande Borsa federale dell’area euro perde di significato... Se l’Europa crede davvero in un mercato integrato dell’area euro, la realtà si sta muovendo in direzione opposta”(3).
- "La verità è amara ma dobbiamo accettarla con rassegnazione: i mercati dei quattro paesi che collaborano ad Euronext (Francia, Belgio, Olanda, Portogallo) e il London Stock Exchange sono ormai più o meno in mani americane” (4).
- “L’accordo ha creato un difficile problema di regolazione: a chi risponde una società di borsa che opera su più fusi orari, giurisdizioni e in diversi campi?” (5).
Il fatto che tutto ciò sia avvenuto sotto il velo della formale correttezza della decisione assunta dagli azionisti Euronext, che hanno scelto di allearsi con un socio americano piuttosto che tedesco, senza alcuna interferenza politica, non prova come si vorrebbe far credere che siamo di fronte ad una gestione trasparente della faccenda, tutt’altro (6).
La creazione dell’euro doveva servire per accelerare la transizione dell’Unione europea verso la costruzione di un potere politico europeo, non per creare una sorta di gioco di Monopoli transatlantico sulla pelle degli europei. Proseguendo su questa strada non solo non si rilancia il progetto dell’Europa politica, ma si creano le premesse per nuove tensioni tra i paesi europei. Da questa situazione non si esce senza che la Francia e la Germania, anche sotto la pressione dei governi, delle classi politiche e dei cittadini degli altri paesi più consapevoli dei pericoli che sta correndo l’Europa, manifestino al più presto la volontà politica di invertire la rotta verso lo smantellamento del processo di integrazione.

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1) Il Ministro delle finanze Peter Druck ha dichiarato pubblicamente il sostegno per il piano di acquisizione di Deutsche Börse, Berlin geht im Börsenstreit in die Offensive, Financial Times Deutschland 05.05.2006. Finanzminister unterstützt Deutsche Börse, Die Welt 16.05.2006.
2) “ Non c’è mai stata una volontà politica europea per creare una Borsa unica. Al contrario Bruxelles preferisce favorire la concorrenza tra diverse piattaforme di transazione finanziaria”, Les cinq questions soulevées par la fusion entre Euronext et l'américain NYSE in Le Monde 24.05.06
3) Alessandro Plateroti, Vietato restare isolati, Il Sole24-ore 03-06-2006
4) Au revoir Euronext, Handelsblatt 23-05-2006
5) Proposed deal would outstrip regulators, Financial Times, 21-05-2006
6) “Più azionisti Euronext, tra cui i fondi anglosassoni detentori di un terzo del capitale sociale, si erano pronunciati in effetti a favore di un matrimonio d’interesse con la borsa di Francoforte. Ma il maggiore di questi fondi, Atticus Capital, ha all’ultimo momento cambiato idea e ha annunciato che gli era indifferente il partner di Euronext dal momento che la piattaforma europea non era la sola a restare sul campo”, in Les actionnaires d'Euronext rejettent la fusion avec la Bourse de Francfort, Le Monde 23.05.06.

 

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