Nel novembre del 2013 il governo ucraino guidato da Viktor Janukovyč annunciò di aver rifiutato l’accordo di associazione con l’Unione europea lasciando intendere che l’Ucraina avrebbe aderito alla proposta di Vladimir Putin di entrare a far parte dell’Unione eurasiatica. La scelta di Janukovyč diede il via ad una serie di manifestazioni di piazza che portarono alla caduta del suo governo e allo scoppiare del conflitto che vede l’Ucraina divisa tra l’attuale governo, guidato da Petro Porošenko, e i separatisti russofoni.

Logorata dal ruolo di “gendarme del mondo”, sfidata dalla Cina e dalla nascita di nuove potenze regionali, l’America sta riconsiderando gli strumenti per esercitare il ruolo di leader mondiale. In questo quadro l’assenza dell'Europa sullo scenario internazionale diventa drammatica.

Nonostante i risultati delle ultime elezioni europee abbiano dato la maggioranza dei seggi alle forze europeiste, abbiamo assistito in molti Stati ad un incremento dei consensi dei partiti euroscettici e nazionalisti. Nel Parlamento europeo detengono circa il 30% dei seggi, anche se non sono da considerare come un corpo unico poiché tra un partito e l'altro ci sono delle divergenze. Un tema molto importante sembra però accomunarli: l'immigrazione.

"Il successo dell'unione monetaria dipende in definitiva dal prendere atto che condividere una moneta unica è un'unione politica, e significa assumerne fino in fondo le conseguenze". Il monito di Mario Draghi non potrebbe essere più esplicito.

Andando contro corrente, le parole del giovane autore di questo articolo richiamano la voglia di dare il proprio contributo per superare la rassegnazione e costruire un futuro di speranza e di progresso, assumendosi la responsabilità in prima persona.

Di questo articolo è disponibile la versione in francese.

I drammatici avvenimenti che dalla fine del 2013 si stanno verificando in Ucraina, pongono seri interrogativi sui futuri scenari geopolitici in Europa e nel mondo. La crisi ucraina non è solo una crisi regionale, perché uno dei Paesi maggiormente coinvolti, la Russia, sta ritornando prepotentemente sulla scena politica decisa a svolgere, come nel recente passato, un ruolo primario nello scacchiere internazionale. Per gli europei capire il processo in corso è indispensabile per la loro stessa sopravvivenza.

L’appuntamento delle elezioni europee non deve essere scambiato per un test di politica nazionale, né per un’occasione di protesta casuale, ma deve accompagnarsi alla presa di coscienza del bivio di fronte cui ci troviamo, in quanto cittadini europei.

La crisi finanziaria ed economica che ha investito l’eurozona ha messo in luce la contraddizione di aver creato una moneta senza Stato. I governi europei più responsabili e le stesse istituzioni europee hanno dovuto prendere coscienza del fatto che l’unione monetaria, costruita mantenendo la politica economica a livello esclusivamente nazionale, senza un budget ad hoc indispensabile per istituzionalizzare la solidarietà tra i partner e per avere risorse disponibili per politiche di investimenti e di sviluppo, senza un meccanismo unico di sorveglianza delle banche e senza un fondo di salvataggio europeo per il sistema bancario, senza un sistema di governo legittimato democraticamente a livello europeo, non può funzionare.

La crisi economica ha minato la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nella politica, incluse quelle europee. Quando è iniziato il processo di integrazione, l'opinione pubblica era fortemente favorevole all’Europa nel nome della pace che l’unificazione del continente garantiva, e considerava il progetto europeo come un obiettivo eminentemente politico. Gli euroscettici, ovvero coloro che non credono che l'integrazione europea sia una scelta giusta e preferiscono salvaguardare la sovranità nazionale, erano invece poco numerosi.

Viste le numerose voci euroscettiche che si levano in questo momento, chi sostiene di voler meno integrazione ha valutato i costi della non Europa? Conosce i benefici e i vantaggi di azioni comuni intraprese a livello europeo in riferimento ad aree o settori specifici? E cosa vorrebbe dire rinunciarvi?

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