L’unione bancaria è uno dei quattro pilastri della politica finanziaria dell’euro, insieme a quello fiscale, economico e politico.
Tutto parte dalla necessità di salvaguardare la moneta, che è il vincolo di unione più forte tra i 17 paesi.
L’unione bancaria ha già delle scadenze precise. Perchè necessaria? A che cosa serve? Come funzionerà? Chi si oppone e perché?

Perchè necessaria?

La crisi dal 2007 a oggi, ha messo in luce la cattiva gestione del settore finanziario a livello mondiale, derivante dalle liberalizzazioni eccessive partite già dagli anni Ottanta e continuate nei decenni successivi.
Molti fanno risalire i guasti del sistema all’abolizione del Glass-Steagall Act, una legge introdotta da Roosevelt a salvaguardia del risparmio negli USA dopo la crisi del ‘29 che stabiliva, come scrive l’economista premio Nobel Joseph E. Stiglitz nel suo libro Bancarotta, “una netta distinzione tra banche commerciali (che prestano denaro) dalle banche di investimenti (che organizzano la vendita di obbligazioni e azioni)”. Essa prevedeva inoltre di “fare in modo che le persone incaricate di custodire il denaro del comune cittadino nelle banche commerciali non intraprendessero attività rischiose come quelle delle banche di investimento”. Abolendo questa legge il sistema bancario aveva, dunque, aggirato una serie di norme volte a assicurare un sistema finanziario sicuro e solido.
Anche l’economista olandese Dirk Bezemer aveva rilevato che l’era del credito facile e della deregolamentazione aveva creato un grandissimo divario tra finanziamento delle imprese dell’economia reale e finanziamento bancario, mettendo in risalto come i finanziamenti delle banche in qualche modo erano stati in gran parte assorbiti dalle banche stesse. In particolare negli USA il sistema finanziario, nel suo complesso, aveva ottenuto nel 2007 più dell’80% dei capitali prestati alle banche, contro il 60% del 1980. Tali finanziamenti avevano alimentato la nascita dei prodotti finanziari, i derivati, basati anche sui prodotti immobiliari, che davano grande ed immediata redditività, a fronte, però, di gravi rischi. I prestiti di banche ad altre banche, che erano stati grosso modo costanti fino al 1980, da quell’anno fino al 2007 sono quasi triplicati negli USA, arrivando a toccare la dimensione di 5,8 volte il PIL.
Tutto ciò ha prodotto una grande distorsione nel funzionamento dell’economia, facendo crescere a dismisura il peso del settore bancario anche in Europa, dove esiste una moneta, ma non esistono meccanismi di controllo e di stabilizzazione continentali.
E sono proprio questo gran disordine e questo divario dimensionale che determinano la necessità di un controllo e di una disciplina.

A che cosa serve?

Le banche europee dopo la crisi sono state salvate dall’intervento degli Stati che però, soprattutto nei paesi più deboli, hanno visto aumentare il loro già forte debito.
Il legame banche-debiti degli Stati è, in effetti, uno degli elementi fondamentali per comprendere la complessità di questi problemi.
Le banche, che erano sorte in Europa per finanziare le guerre dei principi e dei re e per finanziare i bisogni dei cittadini, sono diventate beneficiarie di aiuti in cui lo Stato è prestatore in ultima istanza. Esempio rilevante è stato l’aiuto dei governi americani e europei alle banche nella grande depressione degli anni trenta e gli aiuti concessi in occasione di quest’ultima crisi.
Il fatto che i gruppi bancari sia diventati colossi transnazionali rende ancora più difficile il compito degli Stati nazionali europei per intervenire a salvarli, sia per l’onere insostenibile, che per il fatto che non essendo istituti solo nazionali non rientrano tra gli interventi giustificabili agli occhi dei propri cittadini.

Nello stesso tempo esiste un altro legame tra Stati e banche: le banche di dimensione europea hanno infatti effettuato molti investimenti in titoli del debito pubblico di molti paesi della zona euro e sono quindi fortemente interessate al fatto che questi non vadano in bancarotta.
Da qui la necessità di attivare un sistema di sorveglianza attraverso la BCE e di riordinare il settore finanziario.

Come funzionerà?

Poiché l’obiettivo è rendere convergenti le condizioni di finanziamento delle banche nei diversi paesi, la Commissione europea e i paesi dell’eurozona hanno convenuto che l’unione bancaria poggi su tre fondamentali meccanismi:

  • il primo è la supervisione unica che dà il potere alla BCE di monitorare le circa 6000 banche dell’Unione. In realtà la BCE si occuperà solo della sorveglianza di quelle banche, circa 200, il cui bilancio supera i 30 miliardi di euro. Le altre saranno soggette al controllo delle autorità bancarie nazionali. Questa supervisione europea inizierà dal 2014;
  • il secondo è che il MES ( il nuovo fondo salva stati) ricapitalizzi direttamente le banche in difficoltà, che ora sono aiutate a livello nazionale, con aggravio dei relativi bilanci degli Stati;
  • il terzo riguarda l’attivazione di una sorta di garanzia europea sui depositi bancari per favorire la fiducia dei risparmiatori e dell’intero sistema;

Chi si oppone alla realizzazione dell’unione bancaria e perché?

Mentre la decisione sulla supervisione è già avviata, ci sono riserve su come capitalizzare le banche in crisi e sull’istituzione dei fondi di garanzia. Questo perchè, come scrive Edwin Le Héron nel suo libro A quoi sert la Banque centrale européenne?, ciò presupporrebbe la creazione di un sistema politico di tipo federale, un’autorità soprannazionale politica garante. Non deve stupire dunque che le obiezioni vengano soprattutto dalla Germania e dall’Olanda, decise a limitare l’accesso delle banche ai fondi del MES, sapendo che le perdite che potrebbero verificarsi su questo meccanismo, che permette di indebitarsi sui mercati finanziari, si riverserebbe sugli Stati più solidi della zona euro.
Punto molto controverso resta in proposito quello sulle condizioni dell’intervento, in particolare sulla presa in carico dei debiti contratti anteriormente all’entrata in vigore della supervisione bancaria unica. A questo proposito la Germania non vuole impegnarsi su un rischio non misurabile ex ante, dato che essa è il primo azionista della BCE e del MES.

Ecco perché è impensabile realizzare l’unione bancaria senza avviare anche la creazione di un potere politico a livello di zona euro, che preveda un trasferimento di sovranità dagli Stati membri alla federazione europea nei campi indispensabili a gestire la moneta, la finanza e l’economia su scala continentale.

 

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