Le manifestazioni in corso in questi giorni in Ucraina a favore della adesione all’UE pongono la giovane nazione e l’Europa stessa dinanzi alla loro impotenza.

Le pressioni del governo russo per evitare la firma di Associazione dell’Ucraina all’Unione europea, hanno l’obiettivo di legare il paese alla propria influenza economica e geopolitica (due terzi della flotta russa nel Mar Nero ha le proprie basi in Ucraina). La dipendenza economica della Ucraina dalla Russia è un dato di fatto sin dal giorno dello sfaldamento della Unione Sovietica: senza il gas proveniente dai gasdotti russi l’Ucraina non avrebbe modo né di far funzionare le proprie industrie né di provvedere al riscaldamento delle proprie città. Questo dipende dal fatto che in questi oltre venti anni di indipendenza l’Ucraina non ha avuto la capacità di sviluppare un proprio sistema energetico che ne garantisse l’autonomia, nonostante le ingenti risorse petrolifere e di carbone di cui dispone. In Ucraina, va ricordato, regna la corruzione ed è presente una forte minoranza etnica russa (il 22% della popolazione è di origine russa a seguito della russificazione della regione sin dagli anni venti): due fattori che bloccano lo sviluppo democratico, a dispetto del succedersi di libere elezioni durante le quali il tema dei rapporti con l’ingombrante vicina potenza domina il dibattito politico. Che sul paese aleggi perennemente l’ombra della Russia è anche dato dal fatto che in molte scuole gli studenti possono optare per studiare con docenti di lingua ucraina o con docenti di lingua russa: possiamo facilmente immaginare quale letteratura e quale storia studino i ragazzi nelle due diverse scuole. E’ un segno della divisione e della contraddizione culturale e politica in cui vive giornalmente l’Ucraina.

In questa situazione l’Unione europea viene vista dai cittadini ucraini non russofili come una speranza di liberazione dall’influenza della Russia. Ma c’è un “però” che grava su questa scelta. L’Unione europea non ha la forza politica necessaria per garantire una scelta libera ed autonoma dell’Ucraina. L’ulteriore apertura ad Est dell’Unione, con la prospettiva di una successiva adesione, creerebbe ulteriori squilibri in primis nella Unione stessa, che già oggi, a 28, senza un embrione di governo, risulta bloccata in qualsiasi sua decisione. L’Unione europea d’altra parte, come l’Ucraina, è sotto ricatto da parte del governo russo: qualora volesse, la Russia è in grado di bloccare o di ridurre le forniture di gas verso l’Unione (in particolare verso i paesi membri del Sud) e l’Unione, come l’Ucraina, dovrebbe cedere alla volontà di chi può imporre la propria politica estera e la propria politica economica, per quanto possano essere discutibili.

Il grido di speranza che proviene dai manifestanti ucraini a favore di una adesione all’Unione dovrebbe ricordarci che senza un governo dell’Unione (o di un suo embrione partendo dagli Stati dell’area dell’euro) l’Europa è oggi impotente nel rispondere, esattamente come sta accadendo in Grecia: le risposte che oggi l’Unione europea è in grado di dare sono solo quelle del contenimento dei costi o della revisione delle politiche di bilancio, perché questo è il solo potere di cui oggi dispone, ma non perché vi è un governo, ma perché vi è una Banca centrale.

Sostenere l’adesione dell’Ucraina a questa Unione implica che qualche Stato membro più ricco si debba far carico dei costi politici ed economici che questo comporterebbe, perché l’Ucraina è una nazione da ricostruire, ma per farlo occorrono ingenti risorse finanziarie (che l’Unione oggi non ha) e un potere politico da contrapporre a chi il potere lo ha e lo esercita (la Russia). Sostenere l’adesione dell’Ucraina pertanto non basta, a meno di non voler fare del facile populismo. Il governo russo, per bocca del suo vice premier Shuvalov, ha dichiarato che “nessuno se non la Russia può dare all’Ucraina i fondi che le sono necessari, così rapidamente e in tali quantità”. Ma ha anche aggiunto un monito rivolgendosi non solo all’Ucraina ma anche al resto d’Europa: “Ma non li aiuteremo senza qualche impegno da parte loro”. Parole che possono apparire arroganti, ma che può esprimere solo chi sa di avere un potere politico forte alle proprie spalle. Ai populisti anti europei presenti nell’Unione e ai populisti filo europeisti che gridano insieme allo scandalo di un’Europa sorda alle grida di aiuto dei dimostranti ucraini va ricordato che anche il governo dell’Armenia non ha sottoscritto l’Accordo di Associazione e il governo russo ha immediatamente accordato un sconto sul prezzo del gas verso il Paese: la politica non è fatta solo di slogan, ma di forza e realismo politico, una realpolitik che l’Unione europea non può che subire. L’Armenia vale meno dell’Ucraina agli occhi dei nuovi e vecchi populisti che si riempiono la bocca di vuoti slogan?

Negli anni Trenta ci si chiedeva chi era disposto a morire per Danzica e anche allora l’Europa democratica tacque perché non aveva la forza per contrapporsi al nazismo. Ci volle una guerra e l’aiuto di una potenza mondiale emergente per rispondere. Oggi quale cittadino dell’Europa dell’Unione vorrebbe morire per l’Ucraina sapendo di dover fare ulteriori sacrifici oltre a quelli che già stiamo conoscendo? La triste verità è che la crisi ucraina è l’ennesima dimostrazione della crisi dell’Unione europea priva di reale potere politico e il grido di speranza ucraino resterà solo lungo le sponde del Mar Nero a meno che l’orso russo  non faccia delle concessioni: all’Ucraina e all’Europa che con il cappello in mano ringrazierà.

 

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