Nonostante i risultati delle ultime elezioni europee abbiano dato la maggioranza dei seggi alle forze europeiste, abbiamo assistito in molti Stati ad un incremento dei consensi dei partiti euroscettici e nazionalisti. Nel Parlamento europeo detengono circa il 30% dei seggi, anche se non sono da considerare come un corpo unico poiché tra un partito e l'altro ci sono delle divergenze. Un tema molto importante sembra però accomunarli: l'immigrazione.

Noi italiani siamo abituati a pensare al problema dell’immigrazione come ad un problema solo dei paesi mediterranei. In realtà la maggior parte delle ondate migratorie che giungono in Europa provengono dall’Est Europa (i paesi con più richieste di asilo sono Germania e Svezia) e coinvolge tutti i paesi europei.

La campagna elettorale di questi partiti è stata condotta calcando molto la mano su come l'Unione europea gestisce il problema dell'immigrazione clandestina e in particolare sui pericoli che questo fenomeno comporta. Esiste, secondo loro, un rischio per la sicurezza pubblica, dovuto all'aumento della criminalità causata sia dagli immigrati stessi (rapine, omicidi, violenze sessuali, terrorismo), sia dalle organizzazioni malavitose che sfruttano i clandestini che, non essendo regolari, non possono entrare nel mondo del lavoro e quindi finiscono nella rete di queste organizzazioni (spaccio, prostituzione, ecc). I partiti euroscettici più nazionalisti vedono nella figura dell'immigrato un invasore che mina la stabilità etnica e culturale del paese in cui emigra, creando un pericolo per l'identità nazionale. Esiste poi un pericolo di natura socio-economica legato alla crisi che stiamo attraversando: nella visione di questi partiti l'immigrato ruba il lavoro ai cittadini e troppe volte beneficia delle misure di welfare adottate dallo Stato nei suoi confronti. Il cittadino ha la sensazione che i soldi spesi per il recupero e il soccorso degli immigrati siano soldi spesi male poiché si incoraggia l'immigrazione e si va ad aumentare la disponibilità di manodopera a  basso costo.

L'incremento del consenso raccolto da queste tesi è legato all'aggravarsi della crisi economica. I cittadini, impauriti dalle condizioni precarie in cui vivono, sfogano la propria rabbia individuando nello straniero, e quindi in ciò che non conoscono, la causa di tutti i loro mali. E' chiaro come la diminuzione dei posti di lavoro sia dovuta semplicemente alla situazione di crisi mentre la criminalità è purtroppo sempre esistita, soprattutto dove ci sono situazioni di disagio sociale (in cui rientrano anche gli immigrati); mentre le stesse misure adottate per cercare di arginare il fenomeno, come il reato di clandestinità, ottengono spesso l’effetto contrario, obbligando l’immigrato a evitare di cercare un lavoro in regola per non essere scoperto.

Il punto, però, che è importante evidenziare, nel cercare di capire la questione dell’immigrazione, è che i pericoli paventati dai partiti euroscettici e nazionalisti sono legati ad un’ottica ancora incentrata sullo stato nazionale, che identifica la sicurezza con la chiusura rispetto all’esterno. Senza ricordare, però, che nella storia il nazionalismo esacerbato ha portato a conflitti anche di entità mondiale. La paura che gli immigrati possano distruggere una nazione è infondata. Da sempre il mescolarsi di diverse popolazioni ha giovato alle civiltà, arricchendole di nuove conoscenze e favorendo il progresso; mentre l'atteggiamento di chiusura verso il mondo ha fatto nascere l'odio tra le nazioni e la guerra. I partiti nazionalisti propongono come soluzione all'immigrazione clandestina il respingimento alle frontiere. Oltre ad essere una misura impraticabile, dato che per poterli respingere si dovrebbe prima intercettarli, e questo non sempre è fattibile, è anche una misura inapplicabile, perché viola i diritti dell'uomo. Molti immigrati arrivano in Europa e chiedono diritto di asilo perché nei loro paesi di origine sono perseguitati a causa della loro religione, razza o idea politica; in questo caso il paese a cui è stato chiesto asilo deve ospitare la persona sul proprio territorio e, accertatosi che l'immigrato è in reale pericolo, deve concedere lo status di rifugiato e quindi ospitarlo e proteggerlo. 

L'idea di Europa è basata sulla solidarietà e sulla multietnicità oltre che sulla “non violenza”. Il modo in cui l'UE agisce deve sempre rispettare i valori sui quali è stata fondata e perciò non può voltare le spalle a chi le chiede aiuto e ritornare alle idee nazionaliste. E' perciò ovvio che la strategia da portare avanti sia quella di accogliere nel proprio territorio chi deve essere aiutato.

Ma come agisce ad oggi l’UE per fronteggiare le ondate sempre maggiori di immigrati?

Dato che il problema dell’immigrazione è di livello europeo sarebbe auspicabile che gli interventi siano guidati da una regia europea, ma in realtà, purtroppo, non è così. Infatti, nonostante l’UE abbia tentato più volte di prendersi carico della situazione, la ricerca e il salvataggio dei migranti sono ad oggi di competenza degli Stati nazionali. Questo è in gran arte dovuto al fatto che l’immigrazione è da sempre un tema molto caldo durante le campagne elettorali; i politici nazionali non vogliono perdere il controllo di un tema che spinge molti cittadini a votare per uno piuttosto che un altro partito. Ogni volta che però avviene una strage nel Mar Mediterraneo, i politici nazionali incolpano l’UE di non fare nulla per aiutare gli stati impegnati nel fronteggiare le ondate di migranti. Queste accuse sono infondate visto che l’Europa è stata esclusa proprio dagli Stati stessi nella gestione di tali interventi.

L’UE ha comunque istituito nel maggio del 2005 l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea detta FRONTEX. Insediata a Varsavia, in Polonia, questa agenzia ha il compito di coordinare il pattugliamento delle frontiere esterne (aeree marittime e terrestri) degli stati dell’UE e di implementare gli accordi con i paesi confinanti con l’UE. Non potendo gestire direttamente l’immigrazione, l’UE tramite questa agenzia tenta almeno di far cooperare tra loro i vari Stati nazionali. Un esempio è la missione Frontex Plus: per fronteggiare l’emergenza nel tratto di mare tra Libia, Tunisia, Malta e Italia, l’UE, sotto richiesta dello Stato italiano, ha deciso di avviare una nuova missione in questo tratto di mare, ma per poter rendere attuabile questo progetto ha bisogno di chiedere il consenso ai vari Stati nazionali. Quindi Frontex non può agire da sola ma, di volta in volta, le missioni che vuole attuare devono essere approvate da tutti gli Stati membri.

Un ulteriore strumento messo in campo dall’UE è EUROSUR ovvero un sistema che mette in rete gli Stati membri dell’area Schengen tra di loro e con l’agenzia Frontex, favorendo lo scambio di informazioni e quindi la conoscenza dettagliata della situazione alle frontiere esterne. Ciò aumenta la capacità di previsione dei flussi migratori e la capacità di intervento in caso di necessità.  

E’ ovvio che tutto ciò non può bastare a risolvere il problema dell’immigrazione. Come già detto le dimensioni di questo problema sono di livello europeo mentre chi è chiamato ad intervenire in prima linea sono gli Sati nazionali che non hanno abbastanza strumenti per essere efficienti. Questa situazione crea quindi un malcontento generale che si traduce nelle posizioni prese dai partiti nazionalisti ed euroscettici.

Finché l’Europa rimarrà una confederazione di Stati, l’immigrazione non potrà mai essere gestita in modo efficiente. Un passaggio invece ad un Europa federale garantirebbe gli strumenti necessari alla gestione del problema. Tramite un unico bilancio europeo si troverebbero fondi per costruire una rete di intercettazione e salvataggio dei migranti più efficiente dell’odierna Frontex, soprattutto nel Mar Mediterraneo dove avvengono più morti (essendo un viaggio via mare e non via terra). I costi di tutte le infrastrutture come i centri di accoglienza e i mezzi adoperati non peserebbero più sulle casse di quegli Stati che per ragioni geografiche sono i più colpiti ma sarebbe una spesa equamente sostenuta all’interno della federazione. Inoltre, tramite una vera politica estera europea (e quindi non più con le 28 deboli e impotenti politiche estere nazionali) si potrebbe iniziare un reale processo di stabilizzazione dei paesi dai quali provengono gli immigrati in modo tale da evitare che questi siano costretti a scappare.

 

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