La crisi che sta colpendo l’Italia è una crisi nazionale nella misura in cui fa emergere tutte le debolezze e i ritardi di un paese che è giunto alla fine degli anni Ottanta già indebolito da specifiche fragilità e che da allora, tolte le misure prese per entrare nell’euro, non è praticamente più stato governato: oltre quindici anni di impotenza della politica durante i quali il mondo ha subito trasformazioni straordinarie che rendono il nostro ritardo assolutamente drammatico. Ma la crisi al tempo stesso è anche europea e occidentale; e se nel nostro paese si discute di che cosa dovrebbe fare l’Italia, non si parla invece quasi mai degli altri due fronti, che non riguardano ipotetici soggetti “altri”, ma che ci investono direttamente e richiedono una nostra diretta assunzione di responsabilità: non solo perché siamo un paese fondatore dell’Unione europea, ma innanzitutto per il fatto che, se da soli abbiamo il potere di affondare l’euro e l’Unione, invece per salvarci e tornare a sperare non possiamo fare a meno dell’Europa. E’ quest’ultimo il piano decisivo da cui dipende il nostro futuro, quello su cui si giocano le battaglie decisive per la ripresa della crescita economica attraverso un modello di sviluppo sostenibile, per la salvaguardia e il rilancio del welfare state, per la rivitalizzazione della politica e della vita democratica, per riguadagnare un ruolo non subalterno nel mondo.

Il nuovo governo guidato da Mario Monti è appena stato varato, nella consapevolezza delle sfide interne, per il risanamento politico ed economico, che attendono l’Italia. Ma l’altra sfida, ancora più decisiva, con cui deve già iniziare a misurarsi la nostra politica, è quella di riportare il paese a svolgere un ruolo chiave di rilancio del progetto di unificazione politica dell’Europa, a partire da una forte iniziativa all’interno dell’Eurozona. L’Italia, in passato, ha portato in Europa la tradizione di Luigi Einaudi, Altiero Spinelli, Alcide De Gasperi, protagonisti e punti di riferimento assoluti del progetto europeo; e a questi riferimenti deve saper tornare, per sbloccare lo stallo provocato dalla mancanza di visione politica dell’attuale leadership europea che contribuisce a trascinare l’Europa verso il baratro.

L’obiettivo per cui mobilitarsi è chiarissimo: poiché il nodo cruciale da sciogliere per uscire dalla crisi è quello di dar vita ad un governo economico e politico dell’Eurozona dotato di poteri reali e legittimato democraticamente, è necessaria innanzitutto una nuova iniziativa politica dei paesi dell’Eurogruppo per porre le basi per la realizzazione di una Federazione europea attraverso un metodo democratico costituente, mostrando ai cittadini e al mondo che il rilancio del progetto politico europeo è possibile e che esiste la volontà di governare democraticamente e a livello sopranazionale l’uscita dalla crisi. Per questo è indispensabile che la politica indichi al più presto tempi e modi di questa transizione, come pure l’architettura istituzionale attraverso la quale gestire una futura coesistenza tra la Federazione, che dovrà rimanere aperta a chi vorrà farne parte, e gli altri paesi membri dell’Unione che non vorranno o non potranno ancora farne parte. E inoltre, le forze politiche consapevoli devono attivarsi immediatamente per promuovere tutte le forme di mobilitazione dell’opinione pubblica a favore di un New Deal europeo e a sostegno di reali trasferimenti di potere dal livello nazionale a quello europeo nei campi della fiscalità, del bilancio, della politica economica e della politica estera e di sicurezza, già a partire dallo sfruttamento dell’Iniziativa dei cittadini europei prevista dagli attuali Trattati.

L’eccezionale gravità del momento storico che viviamo non lascia tempo né alibi: occorre agire subito prima che sia troppo tardi.

 

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