Gli Stati Uniti hanno appena vissuto, con l’elezione di Barack Obama alla presidenza del paese, un grande momento di democrazia che ha mostrato al mondo quanto ancora forte sia il potenziale del popolo americano.

Questa elezione cade però in un momento particolarmente difficile e delicato per gli USA. Non solo per le sfide interne legate alla crisi finanziaria che si sta abbattendo sulle economie di tutto il mondo – e che è destinata ad accentuare quel divario tra ricchi e poveri che già ora costituisce un’emergenza sociale in America –, ma soprattutto per le sfide internazionali che si delineano nei prossimi anni. La sfida, per gli Stati Uniti, è quella di riuscire ad accantonare la forma mentis della potenza in lotta per l’affermazione ed il mantenimento dell’egemonia globale e di prendere atto della necessità di contribuire alla nascita di un mondo multipolare in cui l’ossessione della supremazia militare non assorba più le migliori risorse del paese e non impedisca la battaglia per la riforma interna della società americana. Non si tratta, ovviamente, di rinunciare all’obiettivo di mantenere per l’America la posizione di potere adeguata alla sua forza e alle sue risorse, ma piuttosto di prendere atto che la fase dell’unipolarismo, su cui i precedenti Presidenti Clinton e Bush avevano fondato la propria strategia, è definitivamente chiusa: la Russia, in questo nuovo quadro, non è più il nemico – come invece è stata considerata fino ad ora in quanto erede dell’Unione sovietica – , ma uno dei molteplici interlocutori che perseguono l’obiettivo di diventare una potenza regionale, e che sanno anche di doversi rapportare agli USA come ineliminabile punto di riferimento privilegiato. Lo stesso vale per gli altri grandi paesi emergenti, ad iniziare dalla Cina, che pure è destinata a diventare un attore globale: se prevarrà la convergenza degli interessi comuni o la tensione del confronto puramente competitivo dipenderà in larga parte dalle scelte che verranno fatte dall’Amministrazione americana.

Ma gli Stati Uniti non agiscono nel mondo astratto della pura volontà e la maggior parte delle loro decisioni è legata alle concrete situazioni di potere che esistono nelle varie aree. Sotto questo profilo l’Europa ha un ruolo ed una responsabilità decisivi: finora la sua impotenza ed inadeguatezza hanno provocato un vuoto che gli americani sono stati in qualche modo costretti a riempire. Se questa situazione di debolezza si protrarrà anche in futuro, gli USA ancora una volta si troveranno a doversi far carico della sicurezza del nostro continente, che diventerebbe nuovamente terreno di contesa con la Russia. La possibilità di un’evoluzione positiva dei rapporti russo-americani verrebbe vanificata ipso facto, con effetti devastanti in tutto lo scacchiere mondiale. Pensare, come sembrano credere oggi gli europei, che i singoli Stati – o l’Unione europea, che non può avere altro ruolo in politica estera se non quello di trovare un punto di raccordo tra ventisette politiche nazionali spesso profondamente divergenti – siano in grado di avere un ruolo realmente incisivo e responsabile nei confronti della Russia, per favorirne l’integrazione con l’Occidente e per permettere nuove relazioni amichevoli con Washington, è una vergognosa mistificazione.

L’incapacità degli Stati europei di compiere il salto decisivo verso l’unità politica fondando lo Stato federale europeo ha già avuto effetti pesantissimi sugli equilibri internazionali in passato, ed è stata la causa più importante della deriva imperialistica americana. Oggi l’errore di non assumerci le nostre responsabilità rischia di costare ancora più caro a noi europei, agli Stati Uniti e al mondo: sono in grado le classi politiche soprattutto di Germania, Francia e Italia – i paesi cui spetterebbe l’iniziativa di dar vita al primo nucleo di Federazione europea – di rendersene conto e di agire di conseguenza? Al momento sembrerebbe proprio di no, ma i cittadini devono essere consapevoli che i politici che pretendono di perseguire risultati a livello nazionale li ingannano e preparano il disastro per il nostro paese e per il mondo.

 

 

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