Nella comunicazione della Commissione europea alla Convenzione sul futuro dell'Europa (22 maggio), si può constatare come gran parte delle richieste dell'Appello della maggioranza del MFE alla Convenzione siano state recepite. Anche se nel testo della Commissione non si usa mai il termine federale, si chiede comunque una Costituzione, la codecisione, la trasformazione della Commissione stessa in un governo europeo, l'estensione del metodo comunitario alla politica estera e di difesa, la messa in discussione del diritto di veto.

Ma se ci si pone la domanda se queste proposte, una volta attuate, trasformerebbero l'Unione in uno Stato federale, che è l'unico obiettivo dei federalisti, la risposta non potrebbe essere che negativa. Esse, infatti, così come sono articolate ed esplicitate, non implicano alcuna modifica del quadro di potere europeo.

Una spia importante a questo proposito è il fatto che la Commissione europea non si pone il problema di come creare un legame diretto, in alcuni settori essenziali, tra i cittadini europei ed il governo europeo, legame che viene instaurato solo se il Parlamento europeo diventa l'istanza di controllo democratico dell'attività delle istituzioni europee attraverso il potere di approvare o respingere le politiche dell'esecutivo.

In realtà la Commissione propone un maggior coordinamento e rafforzamento delle politiche dei paesi dell'Euro, affermando che "sarebbe utile avere un organismo decisionale formale per l'area dell'Euro, riservato ai paesi membri dell'Unione aderenti all'Euro", ma del tipo di un "Consiglio Ecofin-Euro". Orbene, se questo è il modello di riferimento, è evidente che non si pensa affatto di creare un vero governo europeo controllato democraticamente, ma semplicemente un nuovo organismo europeo sottoposto al potere decisionale ultimo del Consiglio dei ministri europei e del Consiglio europeo. Del resto più avanti il documento della Commissione dichiara esplicitamente che "l'Unione non è uno Stato, ma lega Stati e popoli grazie ad una formula unica di integrazione politica" e non osa, al pari della risoluzione del Parlamento europeo sulla ripartizione delle competenze nell'Unione (16 maggio), mettere in discussione il fatto che "l'art. 308 non consente di creare nuovi poteri".

Ancora una volta vengono identificati i problemi a cui l'Unione dovrebbe dare risposta e gli obiettivi che dovrebbe raggiungere, sul piano interno e internazionale: "consolidare il proprio modello economico e sociale", esercitare "responsabilità di potenza mondiale", "assicurare al suo interno libertà, sicurezza e giustizia", ma non viene indicata l'unica soluzione che consentirebbe davvero di realizzare questi obiettivi, cioè la creazione dello Stato federale europeo.

La Commissione, in sostanza, si limita a proporre di riformare un quadro, quello dell'Unione a 15 e domani a 25, che è ormai palesemente irriformabile, facendo in questo modo il gioco di chi vuol mantenere l'Europa allo stadio confederale e non vuole trasferire la sovranità nazionale a livello europeo. E ciò dimostra ancora una volta che il quadro in cui è pensabile che emerga la volontà consapevole di fondare la Federazione europea è un altro, è cioè quello più ristretto di quei paesi che si sono sempre assunti la responsabilità di far compiere dei passi avanti al processo di unificazione e a cui ora dobbiamo chiedere di compiere l'ultimo e definitivo atto di responsabilità: la decisione di creare lo Stato federale europeo.

 

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