Segnalazione bibliografica del libro, Per una buona ragione (Ed. Laterza, 2011).

Nel suo libro intervista, Per una buona ragione, l’attuale segretario  del  PD,  Pier  Luigi Bersani, dedica un intero capitolo all’ Europa, per spiegare il suo punto di vista. Bersani risponde alle domande di Miguel Gotor, docente di Storia moderna presso l’Università di Torino, e di Claudio Sardo, giornalista politico del quotidiano Il Messaggero; domande che mirano a sollecitare le critiche e le riflessioni sulla situazione dell’Unione europea e sulle soluzioni che potrebbero portarla a fare “il salto” verso una vera unità politica.
Il primo tema che viene sollevato nel capitolo riguarda la situazione del nostro paese inserito nel processo di globalizzazione. Alla domanda  relativa al fatto che il mondo vive rivolgimenti profondi, che la globalizzazione sta cambiando le gerarchie del pianeta a sfavore dell’Europa, e dunque anche dell’Italia, e che la razionalità dovrebbe dunque spingere al rafforzamento dell’Unione europea (unica dimensione che potrebbe garantire al vecchio continente di competere e di far sentire la voce della propria civiltà) Bersani, dopo un lungo excursusstorico, risponde cercando di spiegare quanto sia urgente il bisogno di Europa sia per i cittadini europei che per il mondo intero. E con la domanda successiva, che sottolinea come a Bruxelles continui a prevalere la dimensione intergovernativa e come l’Unione venga rappresentata dai governi nazionali più come un vincolo che come un’opportunità per tornare a giocare un ruolo da protagonisti nel mondo, Bersani coglie l’occasione per criticare i limiti confederali dell’attuale Unione europea e per sottolineare come lo scarso investimento sull’Europa, rispetto alle esigenze della nostra società, sia sicuramente un punto critico. L’Europa comunque esiste (anzi l’Unione europea è quasi un miracolo vivente, se pensiamo a cos’era il continente soltanto mezzo secolo fa) e il bisogno di aumentarne il peso nasce dalla spinta oggettiva che viene dalle contraddizioni della globalizzazione di cui abbiamo parlato e dalla profondità strutturale della crisi economica. Il segretario del PD afferma ancora che in questa nuova realtà geopolitica seguita alla fine dell’era di Yalta, dove i paesi emergenti hanno il calibro di Cina e India, è evidente che solo l’Europa dispone della massa critica e della forza politica sufficienti per svolgere una funzione equilibratrice. Infatti, se è vero che la Cina e l’India stanno diventando “la fabbrica del mondo”, è anche vero che ciò che è una minaccia per il singolo sistemapaese può esserlo molto meno per l’Europa presa nel suo insieme, che ha in sé una forza di compensazione data innanzitutto dal suo mercato interno di 550 milioni di cittadini. Il problema, però, rileva con una certa preoccupazione Bersani, è che, nel quadro attuale, neppure il mercato interno oggi è liberato da persistenti barriere. Finché le risposte resteranno nazionali il rischio è che nella competizione con l’Asia i paesi europei continuino ad essere perdenti, in particolare vedendo messi a rischio il sistema di welfare e i diritti dei lavoratori. Invece un’Europa più unita trasmetterebbe più fiducia ai propri cittadini, dando vigore al mercato interno e sfruttando al meglio le opportunità che l’apertura dei mercati e la crescita del PIL in Asia offrono alle sue aziende, alle sue tecnologie e al suo export.

Cosa manca dunque all’Europa per diventare più unita? Come sottolineano gli intervistatori, non si può dire che il processo europeo sia fermo: il rafforzamento del Patto di stabilità, con norme più rigorose per il controllo del debito pubblico, avrà certamente conseguenze rilevanti nelle politiche di bilancio dei singoli paesi; e in generale, dopo l’introduzione dell’euro non si può negare una progressiva cessione di sovranità da parte dei singoli Stati. Il problema è dunque che l’Europa politica non va di pari passo con quella economia? Su questo punto Bersani risponde molto chiaramente: l’integrazione non può fermarsi alla moneta e alle banche, al contrario ci vogliono politiche economiche, sociali e infrastrutturali comuni, e dunque istituzioni più forti che colmino il deficit di politica. E’ quindi il tempo di rilanciare l’idea di un’Europa federale, con istituzioni democratiche orientate alla crescita, al lavoro e ai diritti, con un adeguato sviluppo anche del mercato interno. E alla domanda che gli viene rivolta riguardo al fatto se la prospettiva federale possa essere realistica in questo momento, Bersani ribatte che proprio questa è la grande sfida dei progressisti: guidare il rilancio di un progetto di unificazione europea, rimettendo in moto l’Europa politica. Circa le modalità di tale rilancio, Bersani spiega che, a suo parere, esso passa da un nuovo patto di volonterosi, come fu all’atto costitutivo della CECA. Una nuova locomotiva dell’Europa può, e deve, partire dall’interno dell’attuale Unione: un gruppo di paesi dentro l’area dell’euro, disposti a realizzare una maggiore integrazione e a dare gambe a un comune processo democratico, dovrebbe firmare un accordo e stabilizzare una nuova sovranità. Bersani crede sia giunto il tempo di delineare un nuovo cerchio, composto magari dai membri fondatori, dai paesi iberici e da qualche altro volonteroso dell’area dell’euro, per far nascere una più intensa Europa politica e trainare così l’intero continente verso le opportunità e le responsabilità che ha nel mondo. I paesi contrari restino pure nel cerchio più ampio, ma non pretendano di fermare anche chi vuole andare avanti, rendendolo complici di un declino europeo complessivo. L’analisi del segretario del PD si caratterizza quindi per la sua chiarezza e per la sua precisione: un’ analisi oggettiva e capace di andare oltre il semplice sguardo europeista, che mira ad andare a fondo delle spinose questioni che riguardano il futuro del nostro continente (e del nostro paese). Un continente, l’Europa, ricco di storia, che non può e non deve soccombere di fronte alle nuove sfide, ma che senza l’unità politica è destinato a sprofondare nel baratro che porterà al crollo della sua civiltà e del suo modello sociale, privando sia i suoi cittadini che il mondo di un punto di riferimento essenziale. Resta fondamentale che all’analisi seguano ora anche le azioni concrete, e che davvero Bersani e il suo partito, in primo luogo, si pongano l’obiettivo di “guidare il rilancio di un progetto di unificazione europea, rimettendo in moto l’Europa politica”.

 

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