Immanuel Kant, filosofo ed importante esponente dell’illuminismo, è stato ed è tuttora un punto di riferimento per chi desidera la pace nel mondo. Chi legge i suoi scritti si accorge che Kant analizzò profondamente i comportamenti dell’uomo e, tramite questo lavoro, trovò poi una soluzione al problema delle guerre.

La credibilità della sua tesi risiede nella razionalità e nella concretezza: il raggiungimento della pace non si basa sul tentativo di cambiare la natura dell’uomo, ma di accettarla, e di trovare invece una forma politica e giuridica in grado di imprigionare la volontà di distruzione dell’uomo, evitando così la nascita dei conflitti. Secondo Kant, questa forma politica deve essere la federazione.

Questo pensiero si riscontra in un suo saggio del 1784 intitolato “Idea per una storia universale dal punto di vista cosmopolitico”. Nell’introduzione al saggio, Kant afferma che ogni fatto avvenuto in natura non è frutto del caso ma è determinato da leggi naturali universali. Ad esempio, le condizioni atmosferiche possono risultare variabili ed imprevedibili, ma se prese nell’insieme mantengono in un corso uniforme e continuo il crescere delle piante, lo scorrere dei fiumi ed altri fenomeni. Allo stesso modo, anche la libertà del volere dell’uomo, che è anche essa un fatto della natura, è determinata da leggi naturali universali. Nel corso della vita un uomo agisce a seconda dei propri interessi, ma in realtà persegue a sua insaputa un disegno della natura. Kant porta come esempio il numero delle nascite in un anno: seppur possa sembrare casuale, il totale risulta essere sempre simile a quello dell’anno precedente. 

La storia dell’uomo quindi non è una successione casuale di eventi ma è la lenta realizzazione di un disegno della natura ben preciso. Secondo Kant, il compito del filosofo è quello di trovare quale sia questo disegno e quale sia il suo obbiettivo finale. 

Dopo l’introduzione, il saggio viene diviso in nove tesi. Nelle prime tre tesi, Kant analizza le disposizioni naturali degli esseri viventi. Ogni essere vivente è dotato di disposizioni (organi, artigli, foglie, ecc.) che gli permettono di sopravvivere nel suo ambiente. La disposizione principale dell’essere umano è la ragione. Tramite questa, l’uomo è capace di superare i suoi istinti e di sfruttare al meglio tutte le altre disposizioni naturali di cui è in possesso. La ragione però deve essere potenziata dall’uomo tramite l’esercizio e l’apprendimento, ma il tempo di una vita umana non può bastare per apprendere l’uso completo di tutte le sue disposizioni. Come è possibile allora che nel disegno della natura, che permette ad ogni essere di beneficiare appieno delle sue disposizioni, la ragione non riesca a trovare il suo completamento? Da questa domanda Kant deduce che la ragione non agisce tramite l’individuo ma tramite la specie. Le conoscenze acquisite da un individuo vengono condivise con gli altri, così che queste informazioni non vengano perse dopo la sua morte. In questo modo le generazioni future possono apprendere velocemente la conoscenza dalle generazioni precedenti e avere il tempo di incrementarla a loro volta. Questo continuo aumentare di conoscenze, in concomitanza con lo scorrere degli anni, avvicina la ragione al suo completamento.

Nella quarta tesi Kant introduce il concetto dell’insocievole socievolezza dell’uomo. Come fa la natura a spingere l’uomo verso maggiori conoscenze? Se prendiamo un individuo e lo dotiamo di tutto ciò di cui ha bisogno per vivere è probabile che questo non avrà mai l’esigenza di imparare qualcosa. In questa situazione la ragione risulta essere inutile. Ma nella realtà, l’uomo deve conquistarsi quotidianamente ciò di cui ha bisogno per vivere ed usa la ragione per farlo: non siamo dotati di artigli o di zanne ma possiamo costruire trappole o addomesticare gli animali. Per le sfide più complesse l’uomo tende ad aggregarsi ai suoi simili sviluppando una propensione ad associarsi e a vivere in società (e perseguendo quindi lo scopo della ragione, che trova il suo completamento nella specie), ma la vita in società può essere un freno per la libertà di un individuo, che vorrebbe affermare la propria persona sulle altre. Quindi, oltre alla volontà di aggregazione, si sviluppa anche una volontà di disgregazione. Kant definisce questa contrapposizione come insocievole socievolezza: l’uomo ha necessità di vivere insieme ad altri individui ma al tempo stesso vorrebbe comandare su di essi. Questo contrasto eccita tutte le energie dell’uomo che, volendo primeggiare sugli altri, cerca di incrementare il proprio valore “muovendo i primi passi dalla barbarie alla cultura”. Da questa tesi, Kant ci fa capire che la discordia fra gli uomini è necessaria al progresso perché ogni individuo, nel tentativo di essere migliore degli altri, migliora la società.

Nella quinta e sesta tesi Kant si interroga su come dovrebbe essere una società che da un lato attui la massima libertà, permettendo l’antagonismo fra gli individui, e dall’altro imponga i limiti di questa libertà, garantendo la convivenza pacifica. Questa società deve essere controllata da un padrone che abbia il potere di piegare la volontà degli uomini e di farla obbedire alle sue leggi. Ma chi dovrebbe prendersi questo compito? L’uomo non può che cercare un padrone nella specie umana, ma la volontà di questo abuserebbe del potere a disposizione (anche se si trattasse di un gruppo di uomini al comando, ognuno perseguirebbe i propri scopi). La difficoltà più grande per l’umanità sta quindi nel trovare un padrone che sia giusto nell’esercitare il suo ruolo. Secondo Kant, questa ricerca non troverà mai una soluzione se non fra moltissimi anni, quando finalmente il progresso delle società porterà la ragione degli uomini ad un livello di esperienza e di buona volontà tale da garantire una “costituzione civile perfettamente giusta”. 

Nella settima tesi Kant trasla il concetto dell’insocievole socievolezza dagli uomini agli Stati: se ogni singolo uomo vuole prevalere sugli altri, così è anche per gli Stati. La storia è piena di guerre che hanno portato morte e devastazione fra i popoli che abitano o hanno abitato il nostro pianeta. Kant allora si chiede a cosa possa servire raggiungere all’interno di una società una costituzione civile giusta, se poi le minacce possono arrivare dall’esterno. Serve necessariamente che il raggiungimento della convivenza pacifica non sia solo interno ad uno Stato, ma venga esteso a tutti gli Stati. Questo obbiettivo può essere raggiunto solo con una federazione di popoli. Seppur possa sembrare un obbiettivo utopico, Kant afferma che la federazione è l’unico modo per risolvere il problema delle guerre. I contrasti fra gli Stati verrebbero gestiti da delle leggi condivise e quindi verrebbero evitati i conflitti armati. Inoltre cesserebbero i rapporti di forza: uno Stato piccolo non dovrà temere di essere soggiogato da uno Stato più grande. 

Come poi Kant afferma nell’ottava e nella nona tesi, è probabile che l’obbiettivo ultimo della migliore disposizione dell’uomo, la ragione, sia quello di creare la federazione di popoli, una forma politica e giuridica in grado di garantire la convivenza pacifica. In quest’ottica, l’esperienza distruttrice che l’umanità ha fatto nel corso della sua storia è servita per sviluppare una volontà di pace. Da cui il titolo del saggio: “Idea per una storia universale dal punto di vista cosmopolitico” che sottolinea l’importanza della storia e dell’esperienza umana per il raggiungimento di una società cosmopolita.

Non si può però pensare che la creazione della federazione sia un processo automatico ma, come già detto in precedenza, l’obbiettivo della federazione verrà raggiunto solo quando l’uomo avrà un certo grado di maturità. Purtroppo però le crisi che colpiscono il continente europeo sono tante, e soprattutto sono oggi; il modo migliore per risolverle è proprio la collaborazione degli Stati europei dentro certe regole, e quindi secondo un assetto federale. Ma fino a quando nessuno parlerà di questa soluzione, come può un cittadino capire l’importanza di una federazione? Per questo motivo serve agire per la Federazione Europea e diffondere l’ideale del federalismo a più persone possibile. L’impegno delle persone all’interno di una società è ciò che permette alla società stessa di crescere.

 

 

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