Mi stupisce che possano esistere dubbi, equivoci o addirittura dissensi tra i federalisti su cose che parrebbero estremamente ovvie e chiare. La prima riguarda il nome stesso di “Costituzione europea”, accettato da molti federalisti senza problemi, persino con compiacimento. Il nuovo trattato non è affatto una costituzione. E non sto parlando solo della sua versione finale, ma anche del testo debole e contraddittorio proposto dalla Convenzione. Il cittadino sa che una costituzione è la Carta fondamentale di uno Stato, ne fissa strutture, poteri e regole. L’usare quel nome confonde i cittadini, fa credere che lo Stato europeo ci sia già, o che stia nascendo. Niente di più falso. Ma ai governi, gelosi tutori della loro piccola sovranità, quel nome va benissimo, perché dà risposte finte ad esigenze vere che chiederebbero soluzioni coraggiose. I cittadini europei avvertono che il problema oggi è l’EuropaStato (alcuni per esorcizzarla, ma i più perché vi scorgono un futuro che dà sicurezza… )? Allora facciamo finta di costruirla, chiamiamo “costituzione” un trattato fra Stati sovrani che restano tali. Si avverte il bisogno di un’Europa che parli con una sola voce? Allora creiamo un finto “Ministro degli Esteri dell’Ue”. E via dicendo.

Perché stare anche noi al gioco? Perché non dire chiaro che quella non è una costituzione? Alcuni politici lo dicono, perché noi no? La nostra forza è sempre stata nel dire la verità! Potremmo bollare quel testo come “costituzione/truffa”: la storia del MFE conosce denunce così radicali. Ma se non vogliamo usare espressioni polemiche, almeno diciamo, diciamolo tutti, che è una costituzione senza Stato e perciò non risponde alle necessità dell’Europa.

Ciò non significa pronunciarsi contro la ratifica del trattato, che ormai penso vada approvato come “il male minore”, come dice qualche politico; significa però cogliere l’occasione della ratifica, e dell’eventuale referendum, per denunciarne gli enormi limiti, mettere le carte in tavola, dire ai cittadini la verità, richiamare i politici alle loro responsabilità. In realtà, a parte qualche piccolo miglioramento nei poteri del Parlamento, la cosiddetta costituzione rafforza nettamente il peso del livello intergovernativo, imprimendo alle istituzioni europee, che hanno in sé alcuni elementi sovranazionali, una svolta nella direzione opposta. Tra l’altro il “Ministro degli Esteri” diventerà uno dei vicepresidenti della Commissione europea e accorperà a sé il ruolo dell’attuale Commissario alle Relazioni Esterne: così con un colpo solo la Commissione, organo “sovranazionale”, avrà nel suo seno un “guardiano” messo lì dal Consiglio, e per di più costui le sottrarrà quel ruolo che finora essa ha esercitato nelle relazioni economiche mondiali. Ma questo è solo un aspetto. È tutto l’impianto del trattato che consacra il peso delle sovranità nazionali. “Qualora la proposta della Convenzione venisse adottata”, ha scritto lucidamente la commissione di studio della Camera dei Lords britannica, “gli equilibri di potere nell’Unione europea evolveranno dalla Commissione europea agli Stati membri”.

Una parte dei federalisti vede comunque degli spiragli verso ulteriori avanzamenti, addirittura un’apertura verso il governo federale europeo. In particolare essa vede un’opportunità nella procedura di revisione della Costituzione che darebbe al Parlamento un “ruolo costituente”. Non mi pare proprio condivisibile questa speranza, per due motivi. Il primo è proprio la procedura di revisione. Il Parlamento potrà proporre modifiche al trattato e il Consiglio europeo, se sarà favorevole all’esame di tali proposte, convocherà un’altra Convenzione, composta come la precedente (… ossia strutturalmente incapace di produrre altro che modesti compromessi tra i 25 o più Stati, molti dei quali strenuamente nemici di qualsiasi statualità europea); a sua volta la Convenzione, decidendo “per consenso”(ossia all’unanimità), farà “raccomandazioni” alla successiva conferenza intergovernativa… che dovrà decidere all’unanimità. Mica male, no?

Ma l’ostacolo più grosso a una revisione costituzionale federalista è proprio nel Parlamento, che rappresenta venticinque elettorati con orientamenti opposti, alcuni – quelli del nucleo storico iniziale – in maggioranza europeisti e orientati verso l’unità politica, altri, i più numerosi, largamente ostili. Arriverà mai questo vasto Parlamento ad avere in sé una maggioranza capace di un progetto autenticamente federalista? E se sì, fra quanti anni o piuttosto decenni?

Ci sono nel trattato altri spiragli per la battaglia federalista? Dove? Forse nelle cooperazioni “strutturate” le quali, essendo riservate a paesi con elevate capacità militari, convalidano la cooperazione fra Stati come la Gran Bretagna, dove persino l’approvazione del nuovo trattato è a rischio, e la Francia (il paese dove si levano voci per un rilancio europeo, per un’avanguardia, persino per una “Repubblica europea”, e dove un sondaggio rivela che, fra “Europa-Comunità di Statinazione” ed “Europa-Stato”, la maggioranza preferisce l’Europa-Stato)? Oppure nelle cooperazioni “rafforzate”, con tutti i limiti e i paletti previsti?Queste cose gli opinionisti le vedono. Franco Venturini (Corriere della sera, 19 giugno) scrive: “se gli egoismi nazionali (…) man terranno il loro potere di blocco, dalla paralisi e dalla frustrazione potrebbero nascere nuove spinte integrazioniste che difficilmente si rassegneranno all’ortodossia del le cooperazioni rafforzate”(in precedenza, il 17 giugno, parlando di un possibile nucleo promotore, ipotizzava appunto “diverse e più radicali iniziative”). Noi lo chiediamo con l’appello ai Sei: un nuovo atto fondatore al di là delle strette maglie dei trattati. Mentre mando l’articolo in re dazione, vedo sul Corriere della Sera (24 giugno) l’editoriale di Angelo Panebianco che afferma: ”Se si insisterà a presentare agli europei come “costituzione” il trattato testé approvato a Bruxelles, il risultato più probabile sarà, nel giro di qualche anno, un’ondata di rigetto… (… ) Non si faccia all’intelligenza degli europei il torto di chiamare costituzione questo trattato. (… ) Costituzione è una parola importante per l’Europa, carica di storia gloriosa. Non sprechiamola. Non usuriamola. Tenia mola gelosamente in serbo per quando (forse un giorno ci arriveremo) l’Europa sarà in grado di darsi una vera Costituzione.” 

 

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