Il 12 febbraio scorso, Jean-Claude Juncker, in collaborazione con gli altri presidenti dell’UE (Donald Tusk, Jeroen Dijsselbloem e Mario Draghi), ha redatto una nota (chiamata semplicemente Analytical Note) per rilanciare il dibattito sull'integrazione dell'area euro e per iniziare a preparare il nuovo rapporto sull’UEM dei quattro presidenti, che dovrebbe essere pronto per giugno.

Buona parte del documento si sofferma sull’analisi della natura e delle cause della crisi, e sugli strumenti che in questi ultimi anni sono stati creati a livello di area euro per affrontarla. Il documento parte dalla crisi finanziaria statunitense e ne evidenzia l’evoluzione, una volta giunta in Europa. Da crisi finanziaria a crisi del debito fino alla crisi economica e sociale vera e propria, quando il numero dei disoccupati ha raggiunto livelli drammatici e quando il PIL pro capite è crollato. Si registrano infatti cambiamenti radicali: dal 2007 al 2014 la disoccupazione nell'area euro è passata dal 7,5% all’11,6%, quella giovanile dal 16,6% al 23%. Il PIL pro capite è sceso di oltre il 5% stabilizzandosi solo in questi ultimi mesi, mentre negli Stati Uniti, che sono uno Stato federale e che possono mettere in campo politiche fiscali ed economiche di dimensione e impatto continentali, dopo un brusco crollo nella fase acuta della crisi, gli indicatori sono tornati ai livelli pre-crisi ed hanno ricominciato a crescere. La vera causa della crisi della zona euro, e Juncker lo sottolinea, sembra quindi essere legata innanzitutto alla sua debolezza in termini istituzionali. In molti punti del documento, infatti, si evidenziano le contraddizioni che derivano da una moneta senza politica fiscale e di bilancio. In questo modo l’area euro, che giustamente viene definita come frutto di un vero e proprio progetto politico che ha dato vita ad una comunità di destino, manca degli strumenti necessari per fare politiche in campo economico.

Nella Nota figurano anche proposte di breve periodo. In particolare, nel totale silenzio della stampa e del dibattito politico, si propone di avviare la cosiddetta integrazione positiva, che non si limita ad incidere sulle regole e sul controllo degli Stati, ma che offre la possibilità di rilanciare la crescita e mettere in atto ammortizzatori sociali di scala continentale. Nei fatti si parla di un “triangolo virtuoso” fatto di riforme strutturali, investimenti e responsabilità fiscale. Sempre nel breve periodo si insiste anche sul rafforzamento della mobilità del lavoro e del mercato dei capitali allo scopo di rendere più efficace il mercato unico.

E’ responsabilità della Commissione, così come della Bce e delle altre istituzioni europee, tenere sul campo le proposte di breve periodo, mettendo in atto le iniziative che stanno  permettendo all'area euro di sopravvivere alla crisi, pur con evidenti problemi. Al tempo stesso, è da questi stessi attori che deve venire l’impulso di una proposta e di una visione politica di lungo periodo, mirata alla creazione del potere e della legittimazione necessari all'area euro per rispondere ai bisogni e alle aspirazioni dei cittadini. Juncker, nella sua Nota, non manca di ricordare come questa visione di insieme sia essenziale, richiamando a questo proposito la necessità di portare a compimento le quattro unioni (bancaria, fiscale, economica e politica) già indicate nel Rapporto dei quattro presidenti del 2012 e nel Blueprint della Commissione europea.

Oltre a ciò, la Nota identifica una serie di domande che si riferiscono ai nodi ancora irrisolti dell’unione monetaria, e molte riguardano la questione istituzionale. Vale la pena elencarle:

 √ How could a better implementation and enforcement of the economic and fiscal governance framework be ensured?   Is the current governance framework – if fully implemented – sufficient to make the euro area shock-resilient and prosperous in the long run?   To what extent can the framework of EMU mainly rely on strong rules and to what extent are strong common institutions also required?   To what extent is the present sharing of sovereignty adequate to meet the economic, financial and fiscal framework requirements of the common currency?   How can accountability and legitimacy be best achieved in a multilevel setup such as EMU?

Le reazioni all’Analytical Note di Juncker, da parte dei vari governi, sono abbastanza indicative delle difficoltà e delle opportunità che il quadro esistente offre per  la realizzazione di una vera unione federale a partire dall'area euro.

Le Germania è l’unico paese che abbia già fatto delle proposte circa il rafforzamento istituzionale dell'area euro. In particolare, il Ministro delle finanze Schaeuble è stato il primo a proporre un Ministro del Tesoro per l'Eurozona, con un Parlamento (che può essere anche lo stesso PE in composizione ad hoc) ed un bilancio propri. Ma allo stesso tempo la Germania fatica a trovare il consenso dell’opinione pubblica in merito alla creazione di meccanismi di solidarietà europei, e per questo insiste molto sul fatto che al livello europeo venga conferito un forte potere di controllo sulle politiche di bilancio degli Stati, persino superiore a quello che esiste in qualsiasi federazione.

La Francia ha reagito con disinteresse al documento della Commissione europea, spesso ribaltando la questione e mettendo al centro il tema della necessità di arrivare ad una condivisione del debito, ma senza proporre un'evoluzione del quadro istituzionale dell'Eurozona. Il dibattito in Francia è spesso fermo semplicemente ai discorsi propagandistici: sogni di un'Europa sociale o di un'Europa vicina al cittadino comune, ma nessuna proposta nelle posizioni del governo sulla definizione di un nuovo assetto per l'area euro, con cui poter realizzare queste aspirazioni.

Il Regno Unito ha ribadito l'importanza per la propria economia di un’area euro stabile e prospera, come fa ormai più di tre anni. Dunque il Regno Unito da un lato rinuncia a partecipare al quadro politico dell'euro e dall'altro sta valutando come ridiscutere la propria partecipazione all'Unione europea nel suo insieme.

L'Italia tramite il sottosegretario agli affari esteri Sandro Gozi sostiene che l'Europa debba dedicare più attenzione alle esigenze sociali dei cittadini e quindi il governo si trova in linea con quanto proposto dalla Nota di Juncker. Il governo italiano, nel proprio programma, sostiene, infatti, l'esigenza di rafforzare il quadro dell'Eurozona.

Altri governi non appartenenti alla zona euro si sono mostrati favorevoli all'integrazione differenziata e quindi al rafforzamento dell'Eurozona. In particolare la Polonia sostiene questa posizione anche se a condizione che il rafforzamento non rallenti la competitività dell'UE nel complesso. La Romania si dice ugualmente favorevole a patto che l'integrazione dell'area euro non porti a bloccare l'ingresso ai paesi che vorranno entrarvi in futuro.

In conclusione la natura e la profondità del dibattito che si sviluppa all’interno delle istituzioni europee e tra i governi non è assolutamente rappresentato in modo veritiero a livello di mezzi di informazione o degli stessi partiti, che sembrano essersi persi in una pericolosa, e sbagliata, contrapposizione Nord-Sud, Germania-Grecia, austerità-crescita. In realtà, il vero nodo da sciogliere, e rispetto al quale non sembrano riuscire a trovare una soluzione per mancanza di volontà politica, è quello della creazione di un potere legittimato a livello di Eurozona a partire dall'unione fiscale.

 

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