Da qualche tempo la Cina è diventata lo spauracchio dell’Occidente. L’economia europea e quella americana non riescono più a tener testa ad una miriade di prodotti che invadono i loro mercati...

Da qualche tempo la Cina è diventata lo spauracchio dell’Occidente. L’economia europea e quella americana non riescono più a tener testa ad una miriade di prodotti che invadono i loro mercati grazie allo yuan sottovalutato, al basso costo del lavoro e alla scarsissima protezione dei lavoratori. Il prezzo del successo viene pagato sostanzialmente dagli operai che devono accontentarsi di un tenore di vita vicino alla sussistenza per consentire all’economia cinese di affermarsi nel mondo (cose non molto diverse si dicevano fino ad una decina di anni fa del Giappone).

Di fronte allo spettro di una concorrenza irresistibile l’America ha chiesto al governo di Pechino di rivalutare la sua moneta in modo da rimuovere una delle cause che mantiene artificiosamente alta la competitività dei prodotti cinesi. Il governo ha ascoltato le rimostranze americane ma ha ribattuto che, per ora, il cambio non si tocca.

I paesi europei hanno reagito in modo scomposto e il governo italiano ha addirittura suggerito di innalzare adeguate barriere doganali per proteggerci dal pericolo giallo che rischia di mettere in ginocchio le nostre imprese utilizzando il bieco strumento del dumping sociale. Avanzando questa proposta ha dimenticato che una parte cospicua delle esportazioni cinesi deriva dall’attività delle multinazionali che hanno dislocato la produzione nel paese asiatico proprio a causa del basso costo del lavoro.

In realtà il problema non può essere risolto innalzando una nuova muraglia intorno alla Cina. Esso è un capitolo della globalizzazione che né l’Europa, né l’America né le organizzazioni internazionali sanno governare, e che tentano perciò di controllarlo con gli strumenti del passato che si sono rivelati nocivi per tutti. I traumi provocati dalla fitta rete di dazi creata fre le due guerre mondiali dovrebbe ricordarci che il protezionismo ha impoverito il mondo, ha inasprito i rapporti fra gli Stati, ed ha colpito i paesi del Terzo Mondo che più di tutti hanno risentito della depressione degli Anni Trenta.

Il solo fatto di rievocare strumenti che hanno provocato tanti danni dimostra quanto l’Europa sia allo sbando e sottolinea una volta di più la sua inadeguatezza a fronteggiare una delle sfide maggiori del XXI secolo. I mali dell’economia europea non stanno nell’aggressiva concorrenza dei paesi emergenti ma nella incapacità dell’Unione, priva di un governo sovrano, di promuovere lo sviluppo, di investire in ricerca per aumentare la produttività, di svolgere un ruolo propulsivo nella creazione di un nuovo ordine mondiale.

Solo con la creazione degli Stati Uniti d’Europa il vecchio continente potrà riprendere il suo posto nel mondo, contribuire allo sviluppo dei paesi arretrati, dialogare con la grandi potenze economiche per fissare insieme le regole di governo della globalizzazione. Senza il contributo dell’Europa il mondo sarà più anarchico, e senza la creazione dello Stato europeo i nostri paesi saranno destinati ad un declino irrimediabile.

 

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