L’adozione dell’euro da parte dei paesi aderenti all’Unione monetaria è basata su due assunzioni imprescindibili: il coordina mento delle politiche economiche e l’irreversibilità dell’Unione monetaria. In realtà, dall’analisi del fu turo scenario economico dell’area euro, conseguente all’adozione del Trattato costituzionale firmato a Roma, si traggono preoccupanti conclusioni sulla longevità della moneta.

Il Financial Times ha pubblica to il 5 settembre scorso un artico lo di Wolfgang Munchau che sottolinea la precarietà dell’Unione monetaria europea. L’autore asserisce che le riforme proposte non approfondiscono efficacemente il regime di coordinamento delle politiche economiche e del mercato del lavoro ed inoltre, non intacca no la competenza esclusiva degli Stati nazionali sulla politica fiscale. In sintesi, la struttura politica delineata non è in grado di supportare nel medio-lungo termine l’unione monetaria.

Teoricamente è possibile tenere in vita un’unione monetaria sen za profondi coordinamenti, ma le esperienze passate conducono ad un giudizio negativo. L’Unione monetaria austro-tedesca (1857 67) fallì tecnicamente per ragioni legate alla differente politica di emissione delle divise nazionali, ma in realtà fallì per le tensioni politiche esistenti tra i due Stati, che impedirono la nascita di istituzioni politiche sovranazionali in grado di garantire una singola po litica monetaria.

L’Unione monetaria scandinava (18721931), che includeva la Svezia, la Danimarca e più tardi la Norvegia, ebbe una vita più lunga, ma incominciò a degenerare dopo la fine dell’unione politica tra la Svezia e la Norvegia nel 1905.

Infine, l’Unione latina (1865 1926), che comprendeva la Francia, l’Italia, il Belgio, la Svizzera ed in seguito la Grecia cessò di esistere a causa dell’insufficiente convergenza delle politiche di bi lancio e della conseguente azione speculativa degli investitori.

Lo scenario che emerge deve perciò far riflettere: alto tasso di inflazione o politiche di bilancio fuori controllo sono le principali cause del fallimento delle unioni monetarie. In un contesto globale di forti tensioni geopolitiche, di alti costi del petrolio, di debolezza del dollaro, e con un deficit americano a livelli allarmanti, le condizioni economiche dell’Europa sono molto precarie. In assenza di cambia menti strutturali o innovazioni istituzionali, la dinamica del PIL europeo (cui sono legate le politiche di bilancio) è insoddisfacente, e per di più declinante: negli ultimi anni l’economia è ricondotta al di sotto della crescita potenziale. In sostanza, è prevedibile che, in assenza di shock positivi, un’attenuazione del dinamismo della componente estera (legato maga ri ad un ulteriore rafforzamento dell’euro) sia sufficiente a spinge re l’economia europea su ritmi di crescita ancora più modesti.

Mancano, infatti, fattori forti di una crescita endogena: la politica della BCE non dà sufficienti stimoli ed il Patto di stabilità (an che con le sue preannunciate re visioni) non prevede una politica fiscale europea.

Occorre ricordare che l’obiettivo principale della BCE è il controllo sulla stabilità dei prezzi e, solo subordinatamente, la crescita dei paesi dell’Unione. Mentre l’assenza di un bilancio comunitario rilevante a fini compensativi dell’asimmetria degli shock e la politica fiscale parcellizzata e poco armonizzata non contribuiscono certo né al compito della Banca Centrale, né all’espressione delle potenzialità di sviluppo dell’area. Anche l’esistenza di forti divari di produttività e di inflazione contribuiscono a rendere di difficile soluzione il gioco del policy maker monetario.

Appare quindi evidente l’incapacità dei paesi appartenenti al l’area dell’euro di promuovere una crescita autonoma, basata su una forte domanda interna integrata, in grado di rappresentare sotto il profilo economico l’obiettivo di lun go periodo di un’area valutaria comune. Per questi motivi il nuovo Trattato costituzionale, anche nel caso in cui fosse ratificato da tutti gli Stati membri, è del tutto inadeguato a garantire la sopravvivenza della moneta unica. In quest’ottica la nascita di uno Stato federale europeo rappresenta l’unica risposta politica alle difficoltà di approfondimento del l’area valutaria. Il trasferimento delle sovranità nazionali ad uno Stato federale europeo che abbia una politica fiscale federale, capace di attutire e di compensare gli effetti asimmetrici di scosse di portata significativa provenienti dall’esterno o dall’interno dello Stato, e una politica economica in grado di promuovere investimenti nelle infrastrutture europee, di retti a sostenere la produttività del settore privato, e di creare sinergie tra gli strumenti economici e la politica monetaria, è l’unica soluzione efficace nel tempo per permettere all’euro di diventare una valuta di riferimento nello scena rio mondiale.

Il problema della statualità e del quadro nel quale uno Stato federale europeo può nascere diventa così strategico. I sei paesi fondatori, come conseguenza del la presenza di ordinamenti giuri dici convergenti, della maggiore integrazione dei sistemi economi ci ed industriali, di una forte do manda interna integrata e di una maggiore coscienza europea del le proprie opinioni pubbliche han no la responsabilità di prendere l’iniziativa di fondare il primo nucleo di uno Stato federale europeo aperto a tutti i paesi dell’Unione. Nucleo che sicuramente non rimarrebbe limitato ai Sei, ma si estenderebbe, presumibilmente in tempi rapidi, alla maggior parte dei paesi dell’Unione monetaria.

 

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