EADS è un consorzio europeo che compete a livello mondiale con tecnologia d’avanguardia nel cam po aerospaziale e della difesa, con imprese come Airbus, Ariane, Galileo, Eurofighter ed Eurocopter. La sua storia ricalca nel bene e nel male l’evoluzione del clima economico e politico prevalente in Europa negli ultimi dieci anni.
Fondato nel 1999, in un momento di euforia per la nascita dell’Euro, dalla fusione della francese Aérospatiale Matra con la tedesca Daimler Chrysler Aerospace, a cui si aggiunse la spagnola Casa, EADS si prefigurava come la grande azienda del futuro, “simbolo della volontà degli europei” di affermare la loro “leadership globale attraverso l’esempio”, per usare le parole dei politici di allora.
Ma le ultime vicende di Airbus e del progetto Galileo manifestano una crisi che affonda le sue radici nelle debolezze strutturali del consorzio e che corrisponde a quella più generale delle istituzioni dell’Unione europea.
Per mantenere la leadership globale nella produzione di aerei di linea, Airbus sta puntando sulla realizzazione dell’A380 super-jumbo. Già dopo la prima dimostrazione, il nuovo aereo aveva ottenuto 160 ordinazioni, riuscendo a distanziare il rivale 787 Dreamliner dell’americana Boeing.
Ma all’improvviso le cose si sono messe ad andare male. L’annuncio, nel giugno dello scorso anno, di un ritardo nella produzione dell’A380, spostata al 201214, ha provocato una pesante caduta in borsa e la perdita di fiducia da parte dei maggiori clienti, che hanno cancellato le loro ordinazioni. Il ritardo non è stato causato solo da problemi tecnici, come la scelta degli impianti elettrici in alluminio più difficile da lavorare, la personalizzazione di ogni aereo secondo le preferenze del cliente o l’utilizzo di due linguaggi di programmazione del software diversi tra Germania e Francia.
La causa di questi problemi è soprattutto dovuta alla mancanza di integrazione nell’ingegneria legata a sua volta a difetti nell’organizzazione del consorzio. Anche le parti del 787 della Boeing, come quelle dell’Airbus, vengono prodotte in paesi differenti, ma il sistema è gestito in modo efficiente, tanto è vero che ci si aspetta che il 787 venga utilizzato a partire dal 2008, almeno quattro anni prima dell’A380.
Per far fronte alla crisi dell’Airbus, i governi stanno concordando un piano di ristrutturazione, denominato Power 8, che comporta una riorganizzazione della produzione delle parti degli aerei tra i vari siti e la perdita di 10.000 posti di lavoro. Ma le trattative si stanno dimostrando tutt’altro che rapide. Il governo britannico ha minacciato l’EADS di rappresaglie commerciali se quest’ultimo non concede all’Airbus UK, che attualmente produce tutte le ali degli aerei Airbus, la fabbricazione delle ali degli aerei futuri. La scelta di utilizzare materiali compositi piuttosto che in alluminio sposterebbe infatti la loro produzione in Germania e in Spagna, allontanandola dalla Gran Bretagna. Dopo Londra, Berlino ha minacciato di annullare le commesse militari se una parte essenziale della produzione delle fusoliere, di cui ha la leadership tecnologica, sarà delocalizzata fuori dalla Germania. In Francia le organizzazioni sindacali hanno scritto una lettera al presidente della Repubblica per chiedere allo Stato di assumersi le proprie responsabilità: si tratta di preservare le sedi francesi da chiusure eventuali e da riduzione dei posti di lavoro.
Problemi ancora più gravi affliggono Galileo, l’altro grande progetto aerospaziale al quale l’EADS partecipa in un consorzio con le francesi Thales e AlcatelLucent, la britannica Inmarsat, l’italiana Finmeccanica, le spagnole AENA e Hispasat ed un gruppo tedesco guidato da Deutsche Telekom.
Infatti il progetto di lanciare un sistema europeo di navigazione satellitare, simbolo dell’autonomia tecnologica europea, si è arenato per una frattura nelle relazioni tra governi e società private. Le ultime, che devono coprire la maggior parte degli investimenti, hanno infatti interrotto il loro lavoro finché non otterranno dai governi una garanzia sulla redditività dell’investimento, a fronte del sistema Gps americano già disponibile e gratuito.
Ma ci sono anche altri problemi. I governi hanno infatti litigato sulla scelta della sede della joint venture a cui il progetto farà capo e gli spagnoli hanno fermato la decisione sulle sedi degli impianti, pretendendo sul proprio territorio quelli a più alto utilizzo di manodopera. Anche le tensioni tra gli stati europei del nord, che sono più indirizzati verso un modello privato del settore, e quelli del sud, come Francia, Spagna e Italia, che prediligono invece un modello pubblico, non sono ancora state risolte. Questa crisi ha posticipato il lancio dei trenta satelliti costituenti Galileo dal 2010 a non prima del 2014.
Mentre l’Europa litiga, la Cina ha annunciato che entro il 2008, dopo solo quattro anni di progettazione, il suo sistema Beidou coprirà il territorio nazionale e sarà esteso successivamente a tutto il pianeta, mentre la Russia realizzerà un progetto simile e gli Usa miglioreranno il loro sistema Gps nello stesso periodo.
In questi giorni i governi e la Commissione Europea stanno decidendo se cancellare il progetto o assumerne in toto il finanziamento, sgravandone le aziende private. Oltre che rinunciare ad un mercato che nel 2005 valeva 60 miliardi di euro e per il quale è prevista una crescita annua del 25%, chiudere Galileo significherebbe accettare anche per il futuro la dipendenza dell’Europa dal sistema Gps, controllato dal ministero della difesa americano, sia in campo militare che per servizi essenziali quali i soccorsi in caso di disastri naturali o incidenti aerei e marittimi.
E’evidente la debolezza strutturale dell’industria europea, forzata a creare raggruppamenti di imprese per poter competere a livello mondiale nei settori strategici. Basta pensare al sistema che governa l’EADS, basato su un doppio comando francotedesco in cui gli Stati sono rappresentati nei livelli dirigenziali attraverso un “rapporto incrociato”: il dirigente francese di una filiale deve dipendere da un dirigente tedesco, e viceversa. E non bisogna nemmeno pensare che la situazione migliorerebbe se gli Stati facessero un passo indietro e rinunciassero a proteggere i loro interessi per lasciare spazio alle logiche finanziarie ed industriali: le aziende private, da sole, non sono in grado di reperire le risorse economiche ed organizzative necessarie per progetti ambiziosi in campo aerospaziale, come dimostra il fatto che i concorrenti di Galileo sono finanziati e guidati da Stati di dimensione continentale.
I problemi di EADS e Galileo sono l’ennesimo esempio dei limiti della filosofia del “coordinamento volontario” e della “condivisione pacifica delle sovranità”su cui si basano i programmi di “governance internazionale”, di cui l’Unione europea rappresenta l’esempio più avanzato. I singoli Stati europei da soli non hanno la forza per garantirsi nessun tipo di leadership internazionale; e, come abbiamo visto, gli strumenti di cooperazione sono inadeguati ad affrontare i momenti di crisi. Le industrie europee che ambiscono competere sul mercato globale hanno bisogno di uno Stato federale europeo dotato di un governo in grado di supportarne le attività. Per questo non è necessario trasformare l’intera Unione europea in federazione, ma basterebbe che la Francia e la Germania, che non a caso stanno al cuore di EADS, prendessero l’iniziativa di raggruppare intorno a loro il primo nucleo della Federazione europea.