Il TTIP è giunto al suo decimo round di negoziazione. Questo accordo, figlio della crescente instabilità geopolitica mondiale, rappresenta il segno della nuova divisione tra aree geografiche ed economiche in competizione tra loro. Come sottolinea il responsabile dei negoziati per la Commissione europea, Ignacio Garcia Bercero (lo ha ricordato anche nel suo intervento al Federal Committee dell'UEF lo scorso dicembre), l'obiettivo più importante e ambizioso del TTIP è quello di creare un blocco capace di imporre globalmente le regole "occidentali" - in materia di protezione dell'ambiente e dei cittadini, dei diritti e degli standard del lavoro.

Per quanto rigurada gli interessi specifici delle due aree, gli Stati Uniti si propongono di contrastare la perdita della loro egemonia in campo economico-commerciale creando un fronte comune con i paesi storicamente alleati. Per i paesi membri dell’UE, invece, il TTIP rappresenta un’occasione per stabilire una relazione commerciale privilegiata con la prima economia al mondo, dialogando “quasi” ad armi pari, con l’obiettvo di ottenere immediati benefici economici da questa relazione.

Infatti, secondo un recente studio del gennaio 2015 del Parlamento europeo, i settori che maggiormente beneficeranno del TTIP saranno: automobilistico (+148%), prodotti in metallo (+68,2%), alimentazione processata (+45,5%), altri beni manifatturieri (+22,8%), chimica (+36,2%), macchinari elettrici (+35%), componenti per altri mezzi di trasporto (+25,5%). Mentre quelli maggiormente penalizzati saranno quelli energivori come siderurgia, chimica, cementifera e cartiera, a causa dei costi minori dell’energia prodotta negli Stati Uniti.

Geograficamente, i dati sembrano indicare la Germania come il principale paese beneficiario vista la sua vocazione industriale. In realtà il TTIP favorirà anche il tessuto industriale di quei paesi membri costituito da PMI, attraverso la riduzione delle procedure burocratiche che prima risultavano un costo fisso. Le PMI, inoltre, essendo spesso sub-fornitori della grande industria, godranno i vantaggi delle loro nuove opportunità commerciali.

A parte queste previsioni economiche, un elemento di rilievo è il ruolo che il TTIP ha avuto nella formazione di una opinione pubblica “europea” spesso assente e divisa per nazionalità. La formazione di un ampio dibattito sia in termini positivi (attraverso le federazioni dei produttori agricoli e industriali) che negativi (associazioni di consumatori e partiti vari), permette di esercitare un maggior controllo, e di conseguenza fornisce maggiore legittimità, all’operato delle istituzioni europee. Solamente così si spiega il fatto che molti documenti prima riservati riguardanti il negoziato siano stati resi pubblici e la volontà di rendere il più possibile trasparente sia il dibattito nel Parlamento europeo, sia il negoziato in corso. Tutto ciò aiuta a maturare la consapevolezza negli Stati membri che con i grandi paesi – come gli Stati Uniti ma anche la Russia, la Cina e l’India – non si può trattare singolarmente, ma è necessaria la dimensione europea per poter esprimere una (e una sola) volontà politica, agendo così con maggiore responsabilità nel mondo.

Una dimostrazione di questo fatto è data dal Rapporto Lange (S&D, Germania) sul TTIP, approvato l'8 luglio dal Parlamento europeo, che ha rappresentato un segnale politico forte di cui la Commissione ha tenuto conto nel proseguimento dei negoziati. Proprio grazie a questo Rapporto vengono avanzate alcune proposte di mediazione sugli argomenti più dibattuti e controversi tra i quali spicca il cosiddetto ISDS (sistema di risoluzione delle controversie tra Stato e investitore). La soluzione proposta sarebbe quella di creare una Corte internazionale degli investimenti con garanzia di pubblicità, meccanismo di appello, coerenza delle decisioni giudiziarie e rispetto della giurisdizione dei tribunali europei e degli Stati membri.

Tuttavia il percorso di approvazione del TTIP è ancora irto di ostacoli; e nel caso non venisse approvato il TTIP, la conseguenza sarebbe l'avvio di accordi bilaterali preferenziali tra i diversi paesi membri e gli USA, cosa che aumenterebbe gli elementi di debolezza e di divisione.

Per approvare il TTIP vi sono due vie. La prima via è di considerare il TTIP un Mixed State Agreement, in cui ciascuno dei 28 Stati membri condivide la responsabilità nella ratifica assieme all'UE: così facendo si alimenta l’illusione di generare maggior democrazia facendo intervenire i singoli parlamenti nazionali quando è necessario invece governare l’evoluzione dell’economia con maggior forza e con una visione continentale.

La seconda via è considerare il TTIP materia di esclusiva competenza dell’Unione europea (Non-Mixed State Agreement) per cui viene ratificato con il solo voto di Parlamento e Consiglio. E qui sorge il paradosso istituzionale: sarà il voto all'unanimità del Consiglio europeo a deliberare a favore della via del Non-Mixed State Agreement. E’ evidente che i poteri dell'Unione europea sono nulli se le sue istituzioni rimangono prigioniere del voto all'unanimità e delle politiche goverantive di ciascun Stato membro. I negoziati sul TTIP rappresentano dunque l'ennesimo banco di prova per il Parlamento europeo che ha la possibilità di chiedere maggiore integrazione politica attraverso la creazione di un governo federale della zona euro, in modo da essere veramente su un piede di parità al tavolo dei negoziati con gli USA.

Per concludere, il libero commercio è una grande opportunità che nasconde il rischio che solamente i meglio preparati ne traggano vantaggio. Pertanto, se gli europei vogliono veramente sfruttare appieno la creazione della più grande area di libero scambio al mondo, devono completare l’integrazione politica a partire dall'eurozona per dare una cabina di regia solida e coerente all’economia del continente per i decenni a venire.

 

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