È sempre sul campo, e si va rafforzando, la consapevolezza che solo un’avanguardia di Stati può rilanciare il cammino europeo verso il traguardo dell’unità politi ca. E anche il vivacissimo dibatti to svoltosi in Francia per il recen te referendum, con il prevalere del “no” su cui sono confluiti sia gli antieuropeisti sia una parte degli europeisti, ha aiutato a capire che il quadro dell’Europa a 25 è bloc cato: i faticosi compromessi che possono nascere da questo insie me disomogeneo (il trattato costi tuzionale ne è un chiaro esempio) non solo incontreranno sempre l’ovvia opposizione dei nazionali sti, ma non potranno assoluta mente soddisfare le attese di chi vuole un’unità reale ed efficace. E intanto i problemi si aggravano, mentre l’Unione ingigantita può muoversi solo con una lentezza esasperante.

È chiaro dunque che anche oggi, come è sempre avvenuto in ogni avanzamento dell’integrazione europea e soprattutto nei momenti di crisi, per ripartire è necessaria un’avanguardia che apra la strada, realizzi l’unità politica e faccia da polo di attrazione per gli altri Stati dell’Unione che potranno successivamente aggregarsi.

Purtroppo il dibattito non ha ancora fatto chiarezza né sulla vera natura dell’obiettivo né sui passi per raggiungerlo. Cosa si gnifica unità politica? L’unica risposta sensata è “Stato federale”: ma molti non sono capaci di questa chiarezza, o non osano.

Non sono capaci, o non osano, perché statualità europea significa trasferimento di sovranità da gli Stati nazionali all’Europa in settori decisivi. Un salto rivoluzionario che richiede lucidità intellettuale e coraggio politico. E veri, grandi statisti.

Ma, anche fra quanti hanno chiaro l’obiettivo, non c’è ancora chiarezza sui passi da compiere.

Sembra perciò necessario affrontare alcuni aspetti cruciali:

a) la distinzione fra “iniziativa”e “partecipazione ”, ossia tra il lancio del progetto federale da parte di un gruppo di Stati e l’adesione, immediata o successiva, di altri;

b) i contenuti essenziali di un progetto federale;

c)   il rapporto tra i principali attori del processo costituente: governi e popolo.

 

a) È ben difficile immaginare che un progetto federale preciso possa essere avanzato al di fuori del nucleo storico dei paesi fondatori, per i motivi più volte esposti in questo periodico: e basta passare in rassegna gli altri paesi membri dell’Unione, dalla Gran Bretagna agli Stati di più recente entrata, per rendersene conto. Non è certo un caso che gli appelli di molte personalità, fra cui il presidente Ciampi, per un rilancio del progetto europeo, siano rivolti ai fondatori. Tra loro, è decisivo come sempre il binomio FranciaGermania, che comunque ha dimostrato più volte di aver bisogno del supporto dell’Italia (rinvio all’analisi contenuta nel comunicato del Comitato per lo Stato federale europeo qui pubblicato a pag. 1). E non è vero che il no francese al trattato costituzionale impedisca alla Francia, se vuole, di fare proposte nuove o coraggiose.

Ma altro è dire che solo dalla Francia e dalla Germania, possibilmente insieme all’Italia e ai Paesi del Benelux, si può sperare nasca la proposta e l’avvio del nucleo federale, altro sarebbe invece dire che il nucleo dovrà coincidere con l’ambito dei Sei. Anzi, è molto probabile che la nascita di un nucleo statuale raccolga rapidamente adesioni soprattutto nell’area dell’euro, fino a coprirla tutta, dando così alla valuta unica quella certezza di affidabilità e di durata nel tempo che una moneta senza Stato, qual’è ora, non può avere. Non solo. Il nucleo federale, se nascerà, avrà in sé una tale forza di attrazione da potersi estendere man mano anche fuori dell’area euro. Gli stessi paesi che all’inizio lo osteggeranno e parleranno, non senza ragione, di rottura e violazione dei trattati (rottura e violazione peraltro inevitabili, se si vuole salvare l’Europa), poi chiederanno tutti, o quasi tutti, di entrarci: come è sempre successo nella storia dell’integrazione, Gran Bretagna docet. Così il nucleo federale salverà l’Unione dai contraccolpi che il riemergere dei nazionalismi e particolarismi le sta provocando, dalle crisi cui andrà sempre più incontro, dalla disgregazione che prima o poi la pressione degli imperi mondiali tenterà di provocare (le divisioni sull’invasione dell’Iraq sono state solo il primo, piccolo segnale). E salverà l’Europa dal declino. Sempre che ci sia davvero qualche leader europeo all’altezza delle situazioni e una classe politica capace di seguirlo.

b) Perché tutto questo avvenga, è necessario che da un gruppo ristretto ma autorevole di Stati nasca un progetto preciso che preveda: 1° il trasferimento di sovranità nei settori che sono propri di uno Stato federale; 2° la non negoziabilità del progetto da parte degli altri Stati che volessero aderivi. Mi spiego: saranno frutto di intese successive le modalità di trasferimento dei poteri, la gestione della transizione, i modi e tempi di convocazione di una assemblea costituente, così come sarà compito della Costituente definire le strutture federali – governo, parlamento, corte suprema , le modalità della loro elezione e i rapporti fra istituzioni federali e nazionali. Ma non potrà essere oggetto di negoziato se trasferire o no al nascente Stato federale la sovranità esclusiva nella politica estera e militare, e il potere di imposizione fiscale che ne consegue, e le grandi linee della politica economica. Accettare di discutere, e dunque esser disposti a fare marcia indietro, sui caratteri essenziali dello Stato federale, significherebbe affossare subito il progetto. La proposta per avere successo deve costituire un tutt’uno inscindibile, e chi ci sta ci sta. Infatti si può essere certi che, se si aprisse una trattativa all’interno dell’Unione, a livello intergovernativo o a livello parlamentare, su come progettare una Federazione europea, le forze ostili avrebbero buon gioco per svuotarla di contenuto (*).

c) Veniamo all’ultimo punto, il ruolo dei governi e quello dei cittadini. Un progetto di così alto profilo politico spetta ai governi, ma deve essere sostenuto da un grande consenso di popolo. E diventerà probabilmente una decisione bipartisan che coinvolgerà maggioranza e opposizione. “I protagonisti della creazione di uno Stato federale non potranno essere che coloro nei quali si manifesta il massimo livello di responsabilità politica, cioè gli uomini di governo. Essi esercitano il potere reale, e quindi possono trasferirlo ad una nuova entità, anche se la loro iniziativa non potrà manifestarsi che in una situazione eccezionale, sulla base di una forte spinta del popolo, cioè del detentore ultimo del potere costituente, e in un clima di dibattito che coinvolgerà l’intera classe politica”(**).

Come si vede, in questo quadro i due attori principali – governi e popoli – sono sulla scena fin dall’inizio. Ma a livello di decisione politica l’iniziativa spetterà in una prima fase ai governi che, sostenuti dalla pubblica opinione, stipuleranno il “Patto federale”, e in una fase immediatamente successiva coinvolgerà la sovranità popolare di cui la Costituente, e la Costituzione che essa scriverà, sarà l’espressione.

Dire tutto questo significa superare alcune incertezze che si colgono a volte nel dibattito su questi temi e che derivano, mi pare, dal non aver individuato il percorso necessario alla nascita del nucleo federale. In quale ambito, si chiede qualcuno, deve essere eletta la Costituente? La risposta è ovvia: nell’ambito degli Stati firmatari del Patto federale; nessun altro elettorato ha titolo e diritto per parteciparvi. Ancora: avrà un ruolo il Parlamento europeo nel lavoro costituente? Evidentemente no, per la stessa ragione: esso rappresenta l’elettorato dei venticinque paesi dell’Unione e non può interferire nelle decisioni che prenderà il popolo dei paesi del Patto. Tuttavia gli europarlamentari appartenenti ai Paesi del Patto saranno chiamati a sostenere nel Parlamento europeo le ragioni per cui i loro popoli si uniscono in un nucleo federale aperto a tutti, e potranno contribuire a definire i rapporti tra il nuovo soggetto politico e gli altri membri dell’Unione.

 

(*) Rimando per queste considerazioni alla lucida analisi e proposta fatta due anni fa da Francesco Rossolillo, Il patto federale, in Il federalista 2003 n.2 pp. 7181. Quel breve saggio rivela oggi, in una situazione europea di seria crisi, la sua piena attualità.

(**) Ibidem pp.7778

 

 

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