Mentre ascoltavo dalla tribuna dei giornalisti i discorsi che gli on.li De Gasperi, Schuman e Adenauer tenevano dinnanzi all’Assemblea Consultiva di Strasburgo, e le inconsistenti resistenze dell’on.Van Zeeland, ripensavo all’ingrato compito che da anni i federalisti europei si erano assunto, rievocando i sorrisi increduli ed il rimprovero bonariamente sprezzante di utopia con cui si accoglieva l’ostinazione che mettevamo nel sostenere che al di fuori della federazione non v’è possibilità alcuna di risolvere i problemi fondamentali dell’Europa democratica. La nostra azione di chiarificazione intransigente delle idee non era stata inutile, se il capo del governo italiano definiva con le seguenti parole le condizioni indispensabili per creare una difesa comune europea: “Il primo e principale pilastro deve essere un corpo eletto, comune e deliberante, anche se con poteri di decisione e di controllo limitati a ciò che è amministrato in comune, e dal quale dipenderà un organismo esecutivo collegiale. Il secondo pilastro dovrebbe essere costituito da un bilancio comune, le cui risorse proverrebero in parte considerevole da contributi individuali, cioè da un sistema di tassazione. La storia ci apprende che la forma del contributo fornito dagli Stati, come mezzo esclusivo per sostenere le spese comuni, può provocare pericolose divergenze e contenere germi di dissoluzione. Non sarebbe difficile per ogni Stato trasferire il prodotto di un monopolio o di un’imposta d’altra natura a profitto del bilancio comune”...

E quando il ministro belga ebbe esposto la sua concezione dell’autorità politica comune come semplice comitato di ministri…, la risposta decisiva e demolitrice non ha tardato a risuonare. Il ministro Schuman esaminava nel suo discorso l’ipotesi secondo cui “l’esercito europeo sarebbe posto sotto l’autorità indivisa dei sei governi. Come si eserciterebbe tale autorità quando si trattasse di decidere se questo esercito deve o non deve entrare in guerra? Ammettiamo che ci sia un Comitato dei Ministri nel quale ogni governo sia rappresentato da uno dei suoi ministri. Un ragionamento rigoroso fa apparire il nodo del problema. Se questo collegio di ministri statuisce obbligatoriamente all’unanimità, ogni governo è libero del suo voto e della sua decisione: può soddisfare alle regole costituzionali che gli sono imposte nel suo paese. La conseguenza è che ogni Stato può opporre il suo veto all’uso dell’esercito comune. Onde il rischio di paralisi e di impotenza. Se invece si applica la regola della maggioranza, i governi si impegnano in anticipo a sottomettersi ad una decisione maggioritaria. In tal caso c’è abbandono di sovranità, autorità sovranazionale, possibilità accresciute di efficienza, ma, in ugual misura, incompatibilità con le regole costituzionali attualmente in vigore negli Stati membri. Infatti, poiché le nostre costituzioni riservano al Parlamento la competenza in materia di dichiarazione di guerra e di voto dei crediti militari, noi vediamo da questo esempio che un vero trasferimento di sovranità applicantesi solo al potere esecutivo non basterebbe nel caso dell’esercito europeo; occorrerebbe nello stesso tempo creare un parlamento comune e risorse comuni. Ma ciò non risolve il problema in modo soddisfacente. I ministri che sono membri del comitato restano responsabili dinanzi al loro parlamento nazionale. Lo saranno ugualmente davanti all’Assemblea comune? Come immaginare che un’Assemblea europea possa costringere alle dimissioni un ministro che non abbia perduto la fiducia del suo parlamento nazionale?”

Ed il cancelliere Adenauer ribadiva lo stesso argomento: “Noi mettiamo dunque a disposizione degli Stati membri di questa comunità un esercito omogeneo. Ma non possiamo allora schivare la questione di sapere quale sarà l’organo che dovrà decidere dell’impiego di questo strumento. Ora, questa è una decisione di ordine politico. Perseguendo la realizzazione del piano tecnico militare, ci troviamo dunque condotti necessariamente a contribuire in modo decisivo alla vera e propria integrazione politica dell’Europa. Un problema analogo si presenta in ciò che concerne le questioni del bilancio della difesa europea. In entrambi i casi si pone la questione ineluttabile di un controllo parlamentare del potere esecutivo”...

Diversi elementi hanno contribuito a questo risultato.

Anzitutto la pressione americana.. Il generale Eisenhower è ancora di recente tornato ad insistere in America sulla necessità di creare uno Stato federale europeo, che solo potrebbe risanare l’economia del vecchio continente e restituirgli fiducia in se stesso.

Accanto alla pressione americana c’è stata la logica ineluttabile del tema dell’esercito europeo…

Il terzo elemento che ha contribuito a far penetrare le idee federaliste nella mente dei ministri degli esteri italiano, francese e tedesco è costituito dall’azione dei federalisti. Noi non saremmo riusciti a farci ascoltare se i due altri elementi fossero mancati. Ma, senza falsa modestia, possiamo dire che se fossero mancate la propaganda federalista e la critica serrata alle soluzioni false e incomplete, se avessimo seguito la via insulsa dei cosiddetti unionisti, i quali anziché chiarire le idee le confondevano con i loro applausi, non avremmo mai sentito le parole che abbiamo ascoltate alcune settimane fa a Strasburgo…

 

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