Il 28 novembre 2011, a Washington D.C., al termine del classico vertice bilaterale tra UE-USA, venne annunciato che gli Stati Uniti e l'Unione avrebbero proceduto a finalizzare un'area di libero scambio. I motivi sottostanti sono molteplici, secondo le conclusioni del vertice, a partire dall'aumento della cooperazione economica tra le due aree attraverso la riduzione di tutti quegli ostacoli, di tipo tariffario e di tipo non tariffario che porteranno anche alla creazione di nuovi posti di lavoro.

Il Transatlantic Trade & Investment Partnership: più di un'area di libero scambio

Il vertice ha quindi incaricato il Transatlantic Economic Council, di istituire un gruppo di lavoro di alto profilo, (High Level Working Group) che avrebbe dovuto individuare le aree di intervento che un accordo di libero scambio avrebbe dovuto affrontare. Il report finale del HLWG è stato presentato l’11 febbraio 2013: in esso si faceva menzione dell'abolizione di tutte le barriere di tipo tariffario e si affrontava la questione della riduzione delle barriere di tipo non tariffario, attraverso la convergenza verso una piena compatibilità dei sistemi legali e delle norme commerciali. I settori d'intervento, da includere nelle trattative per la realizzazione dell'area di libero scambio indicati dal HLWG, sono: i beni, i servizi, i prodotti sanitari e fito-sanitari, i diritti di proprietà intellettuale, gli appalti pubblici, i beni elettronici, digitali ed informatici, gli investimenti diretti, le misure per le piccole e medie imprese, i sussidi pubblici, le imprese sotto controllo statale, l’approvvigionamento energetico e il commercio di materie prime, la risoluzione dei conflitti commerciali, la forza lavoro e l’ambiente.

Secondo il contenuto del report finale del HLWG, il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) non sarà un semplice accordo tariffario: le tariffe commerciali tra USA e EU sono infatti già bassissime, al punto che un loro totale annullamento, secondo due studi fatti dal CEPR (Centre for Economic Policy Research) di Londra e, congiuntamene, dagli istituti  IFO (Institut für Wirschaftsforschung) di Monaco e Bertelsmann Stiftung di Gütersloh, avrebbe degli effetti relativamente ridotti su una crescita del PIL delle due aree. Sarà invece un High Level Comprehensive Agreement (come lo hanno definito i presidenti Barroso, Obama e Van Rompuy in un comunicato congiunto del 13 febbraio, nel quale i tre presidenti hanno confermato l'impegno a iniziare le trattative), cioè un accordo complessivo che prevede una vera e propria convergenza sul versante del diritto commerciale.

Il Consiglio dei ministri degli esteri dell'UE ha dato il via libera alle trattative il 14 giugno scorso, dopo il superamento del veto francese. L'opposizione della Francia si basava sulla volontà di applicare un principio di eccezione culturale, ovvero l'esclusione di tutti i beni di tipo audiovisivo dalle trattative e dalle competenze del trattato. La ragione di questa decisione era il timore di un dumping linguistico-culturale esercitato dagli USA verso i paesi europei non anglofoni. In un momento iniziale più governi europei si erano schierati al fianco di Parigi nel richiedere l'eccezione culturale. Successivamente, essendo venuto meno il sostegno degli altri paesi all'iniziativa francese, la Francia era rimasta sola, ma ferma nella sua volontà di porre il veto all'inizio delle trattative, qualora i prodotti audiovisivi non fossero stati esclusi. Solo l'accettazione dell'eccezione culturale come principio dei negoziati ha permesso il consenso della République all'avvio delle trattative. Ad oggi, si sono tenuti due rounds di negoziati, uno a luglio e uno a novembre, e un terzo è previsto per dicembre.

Gli effetti del TTIP sull'economia europea

Al momento, sono due gli studi, già citati precedentemente, che si sono concentrati su un'analisi approfondita degli effetti macroeconomici del TTIP sulle economie europea e statunitense: lo studio del CEPR e quello degli istituti  IFO e Bertelsmann Stiftung.

Entrambi gli studi prevedono che un accordo complessivo avrebbe effetti molto positivi su ambedue le aree: il CEPR parla di un incremento del PIL UE che va dai 62 fino ai 119 miliardi di euro l'anno, e ad uno di 49,5 fino a 95 miliardi di euro l'anno per gli USA, e degli effetti positivi sui paesi terzi per circa 100 miliardi di euro l'anno. A livelli assoluti, un gioco win-win, che può creare maggiore ricchezza e benessere per tutte le parti. E' interessante notare che lo studio del CEPR non solo considera UE e USA come due blocchi unici, ma usa come indice di calcolo il PIL e i volumi commerciali in termini assoluti. Molto diverso è lo studio del IFO/Bertelsmann. Questo studio, calcola gli effetti degli scenari del TTIP su diversi indici: PIL reale pro-capite, flussi commerciali e effetti sull'occupazione. La particolarità è che, a differenza dello studio del CEPR, questo studio considera non l'Unione europea come un unicum, ma va a considerare gli effetti del TTIP (sia nello scenario minimo di sola abolizione delle tariffe, sia nello scenario più ambizioso ovvero di liberalizzazione complessiva) sui singoli paesi UE. Con risultati molto interessanti:

Uno scenario di abolizione delle sole tariffe, avrebbe effetti marginalmente bassi, sebbene positivi,  sulla crescita del PIL reale pro-capite delle due aree (ovvero, dei singoli paesi UE e degli USA nel complesso), mentre una liberalizzazione complessiva andrebbe ad incidere in modo molto positivo sulla crescita del PIL degli USA e di tutti i 28 paesi UE. Tuttavia, secondo questo studio, avrebbe effetti negativi sul PIL pro-capite reale di tutti i paesi terzi, compresi i BRICS, i paesi EFTA, NAFTA e i paesi candidati all'ingresso nell'Unione. Inoltre, risulta molto interessante lo studio dell’effetto che avrebbe questo accordo sul commercio tra paesi UE: se, infatti, soprattutto nello scenario della liberalizzazione complessiva, aumenterebbero molto i flussi commerciali tra singoli paesi UE e Stati Uniti, al tempo stesso diminuirebbe in modo sostanziale il commercio intra-UE, dal momento che molte imprese dei singoli paesi membri troverebbero molto conveniente fare affari negli USA e con imprese d'oltreoceano, una volta venuti meno quegli ostacoli attualmente in essere. Questo calo complessivo del commercio intra-UE avrebbe effetti modesti nello scenario “solo tariffe”, mentre, nel caso di quello di una liberalizzazione complessiva, gli effetti sarebbero molto profondi. Ad esempio, i flussi commerciali tra Germania e USA, in questo scenario, aumenterebbero del 93,5%, ma al contempo, il commercio tra Germania e Francia calerebbe del 23,45%, quello Germania-Italia del 29,45% e quello Germania-paesi PIIGS, complessivamente del 31% . Nell'insieme, si rafforzerebbe in modo sostanziale la relazione commerciale tra USA e UE e con essa il benessere di entrambe le parti, anche in termini di crescita di posti di lavoro, ma al contempo ci sarebbero forti ripercussioni all’interno dell’Unione europea. E' altrettanto interessante rilevare che lo studio IFO/Bertelsmann non ha fatto un'indagine analoga sugli effetti del TTIP sui 50 stati dell'Unione americana.

Un matrimonio che si ha da fare?

In termini economici e quantitativi, un accordo del genere, nella sua forma più ambiziosa, sarebbe il più grande accordo commerciale della storia, sia in termini di PIL dei partner coinvolti, sia in termini di flussi commerciali, sia in termini di guadagni reciproci. Un affare conveniente per entrambe le parti, nonostante ci induca a riflettere il fatto che ciò possa portare ad un calo del commercio intra paesi UE, bilanciato da un fortissimo aumento del commercio UE-USA.

E' da rimarcare il fatto positivo che gli Stati Uniti, in questo momento, stanno trattando con un'unica controparte europea, ovvero la Commissione. Non è da escludere, che nel caso le trattative giungano a buon fine, questo precedente possa essere positivo per degli accordi futuri riguardanti altri ambiti, e non è da escludere che la finalizzazione e l'entrata in vigore del TTIP, possa, nel lungo termine, portare ad una maggiore convergenza, anche politica, tra le due sponde dell'Atlantico.

Appare però evidente come, affinché questo accordo non crei squilibri capaci di indebolire ulteriormente la coesione europea e di accrescere il divario tra paesi europei a diversa vocazione commerciale, da parte dell’Europa questo grande progetto si deve accompagnare con una suo parallelo rafforzamento dell’unione politica a complemento dell’attuale unione economica e monetaria.

 

Informazioni aggiuntive