A gennaio l’ECOFIN, cioè il Consiglio dei ministri dell’economia e della finanza degli Stati membri dell’Unione europea, ha raggiunto un primo accordo di base sull’Unione bancaria, meccanismo che ha come scopo quello di monitorare lo stato dei bilanci delle principali banche europee ed intervenire qualora una di queste fosse in difficoltà o a rischio fallimento facendo si che il salvataggio non avvenga più tramite fondi degli Stati (e quindi dei cittadini) ma tramite un fondo privato finanziato dalle stesse banche.

Il metodo scelto per il raggiungimento di questo accordo, ancora non definitivo comunque, è stato quello della negoziazione intergovernativa tra i 28 esecutivi dell’UE, che ha visto tra l’altro diversi rallentamenti e rinvii proprio a causa delle divergenze tra governi.

Sebbene un accordo di base sia stato raggiunto, il cammino per il completamento dell’Unione bancaria vede ancora un ultimo delicato passaggio, cioè il voto da parte del Parlamento europeo.
Critiche trasversali all’interno del PE sono state rivolte su alcuni punti cruciali dell’accordo raggiunto dall’ECOFIN. In particolare sono due gli aspetti che maggiormente preoccupano i parlamentari europei.  Da un lato non si accetta il metodo intergovernativo (che rende meno diretto il controllo delle istituzioni europee sul funzionamento dei meccanismi stabiliti dall’accordo), come osservato dalla relatrice del PPE Corien Wortmann-Kool e da Guy Verhofstadt, prossimo candidato alla Presidenza della Commissione Europea per i liberal-democratici (ALDE).  Dall’altro, lasciano perplessi i tempi di creazione del fondo. Mentre la regolamentazione comune e l’attività di monitoraggio sulle banche entreranno in vigore a partire dal 2016, l’istituzione e quindi l’operatività del fondo avverrà invece solo tra dieci anni, secondo quanto prevede l’accordo dell’ECOFIN.

Sebbene sia stato previsto, su pressione anche italiana, un meccanismo cosiddetto “paracadute” per le banche in crisi, valido per il periodo di transizione, diversi gruppi parlamentari europei hanno chiesto che il fondo sia attivo da subito e che questo possa essere finanziato anche grazie a garanzie statali o al fondo salva- Stati. Riguardo queste due richieste è forte l’opposizione tedesca che non intende fare in modo che soldi pubblici servano per salvare banche private, mentre si potrebbe trovare un’intesa sulla possibilità di anticipare l’istituzione del fondo.

L’ulteriore complicazione per il varo dell’Unione bancaria viene dalle elezioni europee del 25 Maggio. E’ intenzione delle diverse parti chiudere l’accordo sull’Unione bancaria prima del rinnovo dei parlamentari, quindi intorno la metà di aprile, poiché ritardare ulteriormente il negoziato significherebbe ritardare tutto di un anno, con il rischio che i mercati prendano il rinvio come un segnale di debolezza e di divisione e che una nuova compagine parlamentare possa andare ad ostacolare e ritrattare quanto ottenuto fino ad ora.

Spetterà dunque al Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz e alla Presidenza del Consiglio europeo, attualmente in mano al greco Samaras, ricercare la mediazione necessaria per concludere l’accordo entro aprile.
Probabilmente è questa l’ultima grande sfida di questa legislatura del Parlamento europeo prima delle elezioni di maggio che potrebbero vedere una temuta crescita delle forze euroscettiche che rischiano di bloccare il lavoro portato avanti fino ad ora - e non solo sull’Unione bancaria.

 

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