Le drammatiche vicende internazionali di questi ultimi mesi, inclusa la crisi in corso in Medio Oriente, hanno messo in luce, oltre alla fragilità e alle contraddizioni dell’attuale ordine internazionale, la totale assenza ed impotenza dell’Europa. L’Unione europea è paralizzata dalle proprie divisioni, ed è evidente che, sotto questo profilo, la spinta verso l’allargamento non può che rendere la situazione ancora più grave.

Parallelamente, si assiste alla tendenza molto preoccupante di considerare soddisfacente, e quindi definitivo, il risultato raggiunto con la creazione dell’Unione, si sente sempre più spesso riecheggiare la critica all’eventualità di uno Stato europeo (che viene insidiosamente bollato come Superstato) e si pensa di poter rendere più efficaci e democratiche le istituzioni dell’Unione con piccoli ritocchi, con una semplificazione formale dei Trattati, con una divisione più chiara delle competenze e delle funzioni del livello europeo e di quelli nazionali, senza però intaccare la sovranità degli Stati. Si spera, cioè, che, senza mutare la natura confederale dell’Unione, ma per il solo fatto di chiamare i Trattati “costituzione”, l’Europa si trasformi in un soggetto politico efficace e dotato di legittimità democratica.

Questa pericolosa confusione, di cui è investita in primis la Convenzione sul futuro dell’Unione europea che ha inaugurato i propri lavori qualche settimana fa, e di cui cadono vittime anche molti sinceri sostenitori della causa dell’unità europea, nasce dal fatto che, non esistendo più obiettivi intermedi che possano essere perseguiti come tappe di avvicinamento tra l’attuale assetto europeo e quello della Federazione, il tentativo di conciliare i diversi approcci nazionali nei confronti del progetto europeo è destinato a sfociare nella paralisi o addirittura nell’arretramento. E’ evidente infatti, come sottolineava bene il Ministro degli Esteri tedesco Fischer, che è impensabile fare il salto federale con tutti gli attuali (per non parlare dei futuri) Stati membri dell’Unione; ma è altrettanto evidente che qualsiasi tentativo di riforma dell’Unione che non sia federale è solo una truffa.

Da questa impasse si può uscire solo con l’iniziativa di un gruppo di Stati che si pongano l’obiettivo di fondare un nucleo federale all’interno dell’Unione, nucleo che deve essere ovviamente aperto a tutti i paesi che vogliano aderirvi. Questo gruppo non può che coincidere con quello dei paesi fondatori, che per primi hanno avviato il processo di costruzione europea, e che lo hanno fatto con finalità politiche, perseguendo uno sbocco federale, legando a questo processo tutta la loro vita politica negli ultimi 50 anni. Sono gli unici in cui esistono le condizioni (prima fra tutte il sostegno dell’opinione pubblica) perché maturi la consapevolezza che senza un’iniziativa incisiva e di rottura l’Europa è destinata alla decadenza.

E’ questo il senso dell’azione incentrata sull’appello rivolto ai Capi di Stato e di governo dei sei paesi fondatori affinché assumano l’iniziativa di “fondare il primo nucleo di uno Stato federale europeo aperto a tutti i paesi dell’Unione”. Si tratta di un’azione lanciata nell’ambito della Campagna per la costituzione federale europea, e su cui chiediamo la più ampia adesione delle istituzioni locali, delle forze politiche e sociali e dei cittadini (di seguito è riportato il resoconto delle prime iniziative in questo senso).

I rischi drammatici di involuzione del quadro mondiale dimostrano che i tempi per portare a termine il progetto europeo di unificazione politica non sono infiniti e che “solo una decisione coraggiosa da parte dei governanti eredi e successori di Adenauer, De Gasperi, Schuman, Spaak, con l’affermazione di un fronte federalista all’interno e all’esterno della Convenzione, potrà evitare che l’Europa, sempre più emarginata nel quadro mondiale e condizionata dalle sue divisioni interne, sia trascinata sulla via della decadenza civile, sociale e politica”.

 

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