Nel 1934 lo storico urbanista Lewis Mumford aveva previsto che, grazie all’elettricità, sarebbe stato possibile rivoluzionare il sistema produttivo e quello dei trasporti passando da una fase di sviluppo basata sullo sfruttamento del carbone e dell’acciaio ad una fondata sull’elettrificazione: “con l’elettricità potranno tornare puliti i cieli e le acque e si potrà dare un senso al decentramento produttivo”.

Oggi questa previsione, grazie allo sviluppo ed allo sfruttamento dell’elettricità, può diventare realtà con la nuova rivoluzione che si annuncia nel campo del trasporto degli individui e delle merci nelle e tra le città. Una rivoluzione destinata a modificare nei prossimi decenni sia l’aspetto architettonico-urbanistico delle città in cui viviamo, sia il modo di vivere lo spazio urbano da parte dei cittadini. L’automobile intelligente, in grado di trasportare passeggeri senza essere guidata materialmente, sta trasformando l’autoveicolo da mezzo di trasporto privato in un veicolo pubblico usato privatamente, sempre più condivisibile e sempre meno proprietà privata, che può diventare una realtà già nei prossimi decenni. L’automobile che conosciamo, monumento dell’era meccanica, che è stato inventato poco più di un secolo e mezzo fa dagli europei, è infatti in procinto di essere sostituito da vetture elettriche collegate alla rete internet (l’automobile come una parte di Internet), ma con componenti che sono per ora prodotti soprattutto in Giappone, Corea del Sud e Cina. Il governo di quest’ultima in particolare ha in programma di moltiplicare entro pochi anni le fabbriche di vetture elettriche in grado di produrre vetture a basso costo, conquistando la leadership mondiale nella produzione di una nuova generazione di batterie. 

La sfida ai costruttori europei ed occidentali è stata lanciata: o questi riusciranno a creare qualcosa di analogo a quanto fatto a suo tempo nel settore aerospaziale con Airbus, oppure rischiano di ridursi a un mero mercato di consumatori di prodotti asiatici.  Gli automezzi elettrici, collegati alla rete Internet, si annunciano infatti come la nuova frontiera dei consumi individuali e dei trasporti pubblici, basati su hardware prodotto in Asia. La produzione di autoveicoli ad alimentazione ibrida (combustibile fossile ed energia elettrica fornita da batterie di nuova generazione) si sta diffondendo anche in Europa e negli USA tra i grandi costruttori di autoveicoli. Ma le dimensioni del fenomeno sono differenti tra il continente europeo e quello asiatico. Numerose società cinesi stanno infatti già affacciandosi sul mercato dei brevetti delle tecnologie per produrre nuovi tipi di batterie, che sono il cuore dei nuovi autoveicoli. Goldman Sachs stima che entro il 2030 la Cina controllerà almeno il 60% delle vendite degli autoveicoli a propulsione elettrica (NEV), conseguendo in questo modo due obiettivi strategici: quello di diventare sempre meno dipendente dalle importazioni di petrolio e quello di acquisire una posizione strategica industriale dominante in questo nuovo settore. Tra gli europei la Francia sta cercando di inserirsi in questo nuovo mercato, a partire dall’elettrificazione del parco di automezzi pubblici di Parigi. Ma le potenzialità della Cina sembrano al momento inarrivabili. Yutong, il numero uno mondiale nella produzione di autobus cittadini, nel 2016 ha venduto 37000 autobus elettrici in Cina, con un mercato interno che equivale a cinquanta volte quello francese.

Oggi le batterie per la mobilità elettrica costituiscono circa la metà del costo delle autovetture fabbricate in Cina, Giappone o Corea del Sud. Ma la Cina punta, come nel settore del fotovoltaico, di battere tutti i paesi concorrenti moltiplicando gli impianti giganti per abbattere i prezzi. Il commissario europeo Maros Sefcovic ha perciò sollecitato i costruttori europei ad approfittare della ripresa economica per investire, come hanno già fatto nel campo dell’aviazione con Airbus, per la creazione di una vera alleanza su questo terreno strategico per l’industria europea. Tuttavia il problema è più generale. La cooperazione economica e industriale in un settore così invasivo nella vita degli individui, non bastano. L’Europa ha bisogno di una politica industriale continentale interna ed internazionale che sia più coerente e coordinata. Cosa questa che richiede l’azione di un governo legittimato democraticamente, dotato di risorse adeguate per promuovere a livello continentale e mondiale politiche e investimenti per la riqualificazione urbana attraverso l’incentivazione della produzione di nuovi mezzi di trasporto urbano ed interurbano. Ma, perché ciò possa avvenire, e possa contribuire a rendere più pulito l’ambiente e più vivibili le città, oltre che ad affrontare concretamente le nuove sfide tecnologiche, sarebbe necessario un salto istituzionale nella struttura dell’attuale Unione europea. Serve insomma un governo federale europeo, in cui l’azione dei vari livelli di governo del territorio possa essere democraticamente coordinata ed implementata.

 

 

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