Il tema dei partiti politici europei è decisivo, se si considera che alle ultime elezioni europee ha votato meno della metà degli elettori, anche se per la prima volta dal 1979 la partecipazione non è diminuita rispetto all’elezione precedente.

Non è logico lamentarsi a proposito dell’Europa e poi non partecipare all'elezione  del Parlamento europeo, la più grande e influente assemblea sovranazionale al mondo. Il Parlamento è ora co-legislatore con il Consiglio europeo, che riunisce i 28  i governi nazionali, in quasi tutti gli ambiti con alcune rilevanti eccezioni (la politica fiscale, la difesa, gli affari esteri). 

In realtà, però, la democrazia europea per diventare completa e federale richiede dei veri partiti europei.

Purtroppo esistono principalmente vaghe - o si potrebbe anche dire deboli - coalizioni di partiti politici nazionali. Perfino i gruppi parlamentari all’interno del Parlamento europeo hanno un potere effettivo maggiore se comparato alle strutture di partito del livello europeo – anche se non ne hanno quanto nei parlamenti nazionali.

Allo stato attuale i partiti politici europei sono impossibilitati ad esercitare quello che è il ruolo chiave di ogni organizzazione politica, ovvero decidere la composizione delle liste elettorali. Poiché manca un collegio elettorale transnazionale i partiti politici nazionali hanno il completo monopolio nella selezione dei candidati.

Perciò il primo compito è riformare la legge elettorale dell'Unione così da aggiungere un collegio elettorale transnazionale a quelli nazionali. Naturalmente al primo posto di ogni lista transnazionale dovrebbe esserci il candidato alla presidenza della Commissione europea di ogni gruppo politico. Non è chiaro se questo sarà possibile entro le elezioni 2019, ma dovrà succedere ad un certo punto (forse la revoca dei parlamentari europei britannici potrebbe essere l’occasione per lasciare posto ai parlamentari transnazionali), e questo arricchirà in molti modi la democrazia europea. 

Innanzitutto l'elezione non si svolgerebbe con una visione strettamente nazionale, considerando che un certo numero di parlamentari dovrebbe rappresentare l'intero popolo europeo. Inoltre i partiti politici Eeuropei si rafforzerebbero poiché dovrebbero scegliere i candidati della lista transnazionale.

Nelle elezioni 2014 del Parlamento europeo l'indicazione informale degli Spitzenkandidaten ha reso possibile al pubblico identificare chi fosse il candidato di ogni partito per la carica principale, anche se alcuni hanno dovuto candidarsi in liste nazionali (Schulz, Verhofstadt, Keller) mentre gli altri non si sono preoccupati di partecipare alle elezioni (Juncker, che ha avuto il ruolo, Tsipras).

In seguito il Consiglio europeo, nonostante il futile tentativo di veto di Cameron, ha proposto come presidente della Commissione la persona indicata dal partito che aveva guadagnato il maggior numero di seggi, il Partito Popolare Europeo. Questo è stato un passo significativo verso una vera democrazia rappresentativa.

Questo non significa che deve essere nominato solo il candidato del maggior partito politico nel Parlamento europeo, ma chiunque venga sostenuto da una maggioranza che possa lavorare nell'assemblea. Riguardo a questo Schulz aveva bisogno del sostegno non solo dei gruppo Socialisti & Democratici ma anche di Verdi, Liberali e della Sinistra Unita che non sono riusciti a coalizzarsi in uno schieramento di maggioranza coerente.

È possibile fare molti progressi anche all’interno dei Trattati attuali e della legislazione secondaria. 

Tornando al 2014, per la prima volta si sono tenuti dibattiti elettorali tra i candidati alla presidenza. Questa è stata un’importante novità che ha arricchito la democrazia europea, anche se non sono stati trasmessi in modo diffuso dalle principali emittenti televisive nazionali. Ma almeno ci si può aspettare un maggior numero di dibattiti nel 2019.

Tuttavia la campagna elettorale è rimasta di stampo nazionale. I principali candidati, con alcune eccezioni, principalmente Martin Schulz e Ska Keller, non si sono avventurati in Stati membri differenti. Ancora più impressionante, i partiti nazionali non hanno rappresentato i loro candidati alla presidenza sui manifesti, volantini e brochure, ma solo i capi lista nazionali. I loghi dei differenti gruppi politici europei erano allo stesso modo assenti. 

Così in Spagna ad esempio i Socialisti hanno rappresentato Elena Valenciano e il Partito Popolare aveva Cañete, ma non si trovavano immagini di Schulz e Juncker sul materiale elettorale dei principali partiti politici spagnoli pro-europei. Sarebbe come se venissero rappresentati solo i candidati locali in una elezione nazionale, ma non il leader nazionale e il candidato primo ministro. I partiti politici potranno fare molto di più nel 2019, e questa sarebbe una semplice decisione del partito che non richiede alcuna modifica legale. 

Inoltre le famiglie politiche europee hanno iniziato a candidarsi con manifesti comuni. Questi erano sicuramente brevi, il che non è necessariamente negativo, ma certamente troppo generici. In particolare i principali partiti dovrebbero essere più incisivi sulle riforme istituzionali e specifici sulle politiche economiche e sociali.

Ancora una volta questo sviluppo non richiede nessuna procedura legale, ma dovrebbe essere rinforzato e incoraggiato. 

Probabilmente il Parlamento europeo potrebbe contribuire a rendere maggiormente europee le elezioni supportando questi sviluppi (campagna europea, materiale elettorale e manifesti politici in comune, etc.) e facendovi riferimento nei report e nelle risoluzioni. 

Questi cambiamenti, insieme alla lista transnazionale, potrebbero accrescere l'interesse verso le politiche e le elezioni europee, ma sarebbe necessario anche un più elevato grado di polarizzazione ideologica e dibattito politico nel Parlamento europeo.

Fino ad ora la camera è stata guidata da una coalizione di Cristiano democratici, Socialisti e Liberali. In un Parlamento in cui nessun partito da solo detiene una maggioranza significativa questa è una necessità. Prendere decisioni tramite accordi è positivo in quanto la costruzione europea non può essere portata avanti da un solo gruppo politico.

Tuttavia questo modello ha anche contributo alla percezione del Parlamento come un'assemblea lenta, focalizzata su questioni tecniche dove le decisioni sono prese in accordo da Popolari e Socialisti. L'ultima elezione del Presidente della Parlamento, in cui i due gruppi non sono stati in grado di proporre un candidato comune, dimostra che nel 2019 le cose potrebbero cambiare e forse la prossima coalizione potrebbe riunire i partiti di sinistra o quelli di destra.

Questo renderebbe le cose più interessanti per l’elettore medio e forse anche per le emittenti televisive, ma le coalizioni basate sull’ideologia potrebbero coinvolgere anche le forze euroscettiche (Riformisti e Conservatori Europei a destra e in un certo senso Sinistra Unita a sinistra). A questo proposito le principali forze pro europee (PPE, S&D, ALDE e i Verdi) dovrebbero tuttavia essere in grado di lavorare insieme sulle questioni fondamentali.

Infine questi partiti dovrebbero evolvere dall’essere genericamente pro-europei a diventare esplicitamente federalisti. Attualmente questo non è probabile ad eccezione dei Verdi. 

Sebbene come federalista io mi sia sempre impegnato ad essere aperto, con gli sviluppi portati dalla Brexit o dall'elezione di Donald Trump negli Stati Uniti d'America, questo non è il momento per essere timidi o fare considerazioni egoiste. Non dovremmo chiedere scusa per il fatto di volere un’Unione federale. Spero che i principali partiti avranno il coraggio di promuovere questa agenda comune.

 

(*) Questo articolo è la versione corretta e rivista di una relazione svolta al seminario della JEF Spagna tenutosi a Torremolinos il 17 marzo 2017.

 

 

 

 

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