Il 25 maggio i cittadini europei saranno chiamati, per l’ottava volta, ad eleggere i propri rappresentanti al Parlamento europeo. Dalla prima elezione diretta del 1979, salutata da Willy Brandt come la nascita dell'Assemblea costituente permanente dell'Europa, e dal premio Nobel Andrej Sacharov come il trampolino di lancio della democrazia sovranazionale, il Parlamento europeo ha fatto molta strada e acquisito molti poteri.

Come cerchiamo di spiegare in questo numero (quasi interamente dedicato ad illustrare il significato e il valore del voto europeo, insieme alla storia e alle prerogative di questa assemblea sovranazionale, nonché alle sfide che la prossima legislatura dovrà affrontare) l’appuntamento delle elezioni europee non deve essere scambiato per un test di politica nazionale, né per un’occasione di protesta casuale, ma deve accompagnarsi alla presa di coscienza del bivio di fronte cui ci troviamo, in quanto cittadini europei. O riusciremo, già a partire da questo cruciale 2014, a creare gli strumenti istituzionali e politici per trasformare l’unione monetaria in una vera unione economica e politica, e quindi per costruire gli Stati Uniti d’Europa con i paesi dell’eurozona; oppure l’Europa intera, a partire dagli Stati più deboli come il nostro, non riuscirà ad uscire dalla crisi.

La ripresa della crescita, infatti, è possibile solo creando a livello dell’eurozona gli strumenti adeguati per perseguirla, primo fra tutti un vero bilancio. Il paragone tra le difficoltà europee e i successi americani, così spesso evocato sui nostri giornali, dovrebbe in realtà servire per capire che negli Stati Uniti l’uscita dalla crisi è stata pilotata attraverso politiche federali, e che nessuno degli Stati membri americani penserebbe mai di potersi riprendere aumentando il proprio debito statale, o di poter avere dei vantaggi al di fuori del contesto unitario, agendo individualmente, o creando blocchi contrapposti all’interno della federazione sulla base di interessi ritenuti divergenti. Analogamente, chi, giustamente, invoca la necessità che l’Europa promuova la crescita e gli investimenti, deve anche indicare quali strumenti l’Europa deve saper costruire per poterlo fare, come soggetto unitario. E deve anche essere consapevole della strada compiuta sinora dall’eurozona e dei progetti che sono in cantiere. Senza dimenticare che la creazione in tempi brevi di una vera unione federale dell’eurozona  permetterà, finalmente, di affrontare anche tutti gli altri nodi che rimangono irrisolti a causa della divisione, a partire da quello di una politica estera e di difesa davvero europee, indispensabile per svolgere un ruolo costruttivo di pacificazione e stabilizzazione nelle aree a noi limitrofe e nelle regioni più tormentate del pianeta, e per proporsi come punto di riferimento per un sistema di governo democratico sovranazionale della globalizzazione.

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La battaglia all’interno dell’Unione europea sulla trasformazione dell’eurozona in una vera comunità politica è dunque iniziata, ha già fatto progressi importanti e decisivi ma, soprattutto, deve affrontare a breve sfide cruciali. Il fatto che le elezioni europee di maggio saranno caratterizzate dalla proposta, da parte delle principali famiglie dei partiti europei, di “capilista” ideali a livello europeo, che le forze politiche propongono come candidati alla Presidenza della prossima Commissione europea, con un programma politico, è un segno della forza di questo processo che può portare alla nascita di un vero e proprio potere politico europeo.

Il prossimo Parlamento europeo potrà, e dovrà, giocare un ruolo decisivo nel disegnare la nuova architettura istituzionale e politica dell’Unione europea, al cui interno si dovranno trovare gli equilibri per convivere con l’eurozona trasformata in una comunità politica federale.

La battaglia non è facile, perché le forze della reazione che, nascoste dietro la maschera dell’euroscetticismo, mirano al mantenimento dei piccoli poteri e dei monopoli nazionali sono fortemente avvantaggiate dalla difficoltà insita nella costruzione di un nuovo sistema sovranazionale democratico (il primo nella storia), dalla loro mancanza di senso di responsabilità, dalla facilità con cui mentono. La loro vittoria equivale alla condanna  della civiltà europea. I loro tamburi sono tamburi di guerra. Tutti coloro che vogliono un futuro di progresso, che credono nei valori universali e nei diritti civili devono essere consapevoli della posta in gioco e della necessità di dare il proprio contributo alla battaglia per la nascita della Federazione europea.

 

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