L'8 marzo, dopo alcuni giorni di calma apparente, la coalizione di governo di Alexis Tsipras è tornata a far parlare di sé. Ci ha pensato Iannis Varoufakis con un'intervista al Corriere della Sera, poi smentita dall'ufficio stampa del governo greco, nel quale sembrava che Varoufakis chiedesse un referendum sulla permanenza del paese nell'Eurozona, qualora non fosse stato accettato il piano di risanamento presentato dalla Grecia all'ECOFIN. Nella rettifica si specificava che in realtà Varoufakis intendeva un referendum sulle misure di austerità, senza specificare altro, ma escludendo categoricamente l'uscita dall'euro.

Tuttavia, subito dopo, ci ha messo del suo anche il vulcanico Panos Kammenos, Ministro della difesa e leader del Partito dei greci indipendenti, partner di coalizione di SYRIZA, il quale non solo ha rincarato la dose, ma il giorno successivo ha dichiarato che se l'Unione non avesse accettato la proposta greca, il paese avrebbe concesso il visto a chiunque, “compresi terroristi e criminali”, innervosendo ancora di più le trattative negoziali in una fase molto delicata. In questi giorni sono, infatti, in fase di negoziazione le nuove misure di risanamento che il governo deve presentare all'Eurogruppo. Il governo di Alexis Tsipras ha ben poco margine di manovra. Schiacciato da una parte dalla promessa di porre fine per sempre all'austerity e dall'altra dagli impegni assunti verso la ormai ex-Troika; il tutto condito dalla ingombrante presenza nazionalista di Kammenos e del suo ANEL, partito di coalizione, e dalla stessa ala sinistra di SYRIZA che già dopo i primi accordi con l'Eurogruppo aveva già cominciato ad accusare Tsipras di tradimento e debolezza.

Alexis Tsipras ha poi trascorso le giornate successive cercando di districarsi tra il tentativo di riaprire i negoziati e quello di mantenere le promesse elettorali. I suoi margini, però, sono molto stretti, e in fondo non è difficile capire il perché.  Sin dal primo atto che ha sancito la nascita del governo, Tsipras ha voluto dimostrare la propria volontà di incentrare tutto il mandato sul rifiuto dell'austerità partendo dalla rinegoziazione delle condizioni di bail-out. E’ questa la ragione per cui ha scelto di formare una coalizione con il Partito dei greci indipendenti, ANEL, nato da alcuni dissidenti di Nuova democrazia e da alcuni transfughi del Raggruppamento popolare ortodosso (LAOS) e alcune correnti del PASOK, tutti in aperta dissidenza verso le misure di austerity. La scelta di ANEL ha portato quindi all'esclusione del PASOK e di POTAMI, partito social-liberale di recente formazione, considerato da tutti il partner più probabile di governo. Sia il POTAMI sia PASOK erano infatti favorevoli a continuare lungo la strada seguita finora e concordata con le istituzioni internazionali, senza rinnegarla, e limitandosi a chiedere una dilazione dei tempi; tuttavia, sarebbero stati disponibili a sostenere il programma di governo di Tsipras su altre tematiche.

L'alleanza con ANEL ha avuto dei risvolti non da poco per SYRIZA. Ha significato rinunciare a tutta la piattaforma politica basata sull'avanzamento nei diritti civili e sociali, alle istanze di maggiore separazione tra Stato greco e clero ortodosso, e ad ogni ambizione di ridimensionamento del ruolo dell'esercito nella spesa corrente greca e nello stesso assetto istituzionale greco; oltre allo stesso imbarazzo di governare con un uomo considerato da tutti vicino agli ambienti dell'esercito, euroscettico e atlantista convinto, ma al contempo fortemente antisemita, omofobo e xenofobo. Tuttavia proprio la vicinanza di Kammenos agli ambienti dell'esercito induce a pensare che in realtà questa scelta sia stata dettata dalla necessità di pagare un tributo all'esercito, in un momento potenzialmente esplosivo. Non dimentichiamo infatti che la Grecia è una democrazia ancora giovane e da molti reputata instabile. Secondo molti l'esercito ha accettato con molta riluttanza la vittoria di Tsipras. La scelta di Tsipras non è stato tanto quella di evitare un golpe, quanto di avere una maggiore libertà d'azione su altri settori. Gli ambienti vicini ai militari sono ancora molto influenti nell'apparato statale ed economico greco e potenzialmente potevano porre in essere manovre di boicottaggio o d'intralcio.

E' difficile fare previsioni su quanto potrà durare questa strana alleanza tra SYRIZA e ANEL. L'accordo è un matrimonio d'interesse sulla base di una piattaforma politica. Ma proprio a causa di questa piattaforma, Tsipras appare completamente isolato in Europa, e paradossalmente i governi degli altri paesi PIIGS (soprattutto Irlanda, Portogallo e Spagna), sono i meno propensi a fare concessioni ad Atene, ancor meno della Germania e dei suoi principali alleati. Il problema è quello della credibilità. Le classi dirigenti di quei paesi hanno convinto i propri connazionali ad accettare condizioni di risanamento impegnative, e non possono ora concedere ai greci dilazioni e privilegi senza perdere il consenso a favore dei montanti partiti euroscettici, pronti ad approfittare della situazione.

Tsipras è consapevole che le sue promesse sono irrealizzabili. Basta vedere il dietrofront già fatto su molte cose, come le privatizzazioni già in essere o l'idea di facilitazione fiscale per diverse fasce di reddito, storicamente a rischio evasione. Al tempo stesso sa anche che l’unico possibilità che ha, in questo quadro, per mantenere il consenso, è quella di giocare la carta “del nemico esterno”, che viene così facile additare nei tedeschi “autoritari”.

Un accordo con l'Eurogruppo, tuttavia, è necessario, anche perché costituisce la conditio sine qua non affinché la BCE la coinvolga nel suo piano di QE. Ed è necessario anche perché la Grecia, per quanto le decisioni imposte dalla Troika siano state al limite della costituzionalità dell'Unione. (e d’altronde non esistevano ancora i meccanismi d'intervento ora in essere nell'assetto giuridico UE), deve entrare nell'ottica che le politiche di risanamento sono necessarie per tornare a essere un paese in crescita e capace di attrarre investimenti. La priorità della Grecia è quindi quella di diventare un’economia competitiva, ed è solo con questo obiettivo ben chiaro in mente che il governo greco può cercare di negoziare l'allungamento dei tempi del rientro.

 

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