Lo scorso 18 settembre è stato il “venerdì nero” per la casa automobilistica tedesca Volskwagen, quando l’agenzia federale statunitense EPA (Enviromental Protection Agency) ha denunciato la truffa dei motori diesel dell’azienda di Wolfsburg. Dal rapporto dell’EPA si è scoperto che la Volskwagen ha truccato il software di controllo delle emissioni inquinanti di alcuni dei suoi modelli diesel; le emissioni in condizioni di guida normali sarebbero superiori fino a 40 volte il limite consentito dalle leggi.

La maggiore preoccupazione per l’azienda tedesca adesso sono i costi derivanti da Dieselgate; in primo luogo è prevedibile che il governo statunitense emetterà una multa, e probabilmente sarà superiore agli 1,2 miliardi di dollari fatti pagare alla Toyota nel 2010. A ciò si aggiunge che in tutta Europa agenzie come l’Antitrust e altre reti di consumatori si preparano ad una class action. Le perdite in borsa del titolo Volskwagen ammontano a circa 8,5 miliardi di dollari con scarse prospettive di recupero nel breve periodo. Infine la casa automobilistica ha ordinato di richiamare entro ottobre 11 milioni di vetture per effettuare le correzioni tecniche al software incriminato; operazione che certamente comporterà dei gravosi costi per l’azienda.

Lo scandalo Volskwagen ha dunque delle dimensioni tali da mettere in discussione la stabilità dell’economia tedesca. Le scelte di politica industriale degli ultimi governi tedeschi hanno fatto sì che il settore automobilistico rappresentasse uno dei principali settori di punta delle proprie esportazioni. Sebbene il mercato delle auto abbia premiato negli ultimi anni le case tedesche in termini di fatturato, un’economia che punta molto in un determinato settore è esposta a forti rischi in caso di shock.

Volskwagen è la principale casa automobilistica tedesca, nonché leader a livello mondiale, e per questo i governi tedeschi sono sempre stati molto attenti alle esigenze della casa di Wolfsburg. Secondo il Financial Times,nel 2013 sia il governo tedesco che la Commissione europea erano a conoscenza della falsificazione delle emissioni inquinanti da parte della Volskwagen. Bruxelles si è difesa sostenendo, a ragione, che non è competenza dell’Unione effettuare i controlli sui software, cosa che invece è ancora competenza degli Stati nazionali. Sempre secondo il FT, le pressioni del governo tedesco e della stessa lobby automobilistica avrebbero fatto in modo da non far scoppiare lo scandalo in Europa due anni fa.

Detto tutto questo, sarebbe un errore pensare che la crisi della Volskwagen sia un problema esclusivamente tedesco. In primo luogo bisogna considerare l’impatto sulla fiducia nel mercato automobilistico che potrebbe vedere una diminuzione degli acquisti. Inoltre la crisi potrebbe allargarsi dalle case produttrici di auto a tutto l’indotto, mettendo in difficoltà il sistema industriale europeo. Preoccupazioni in tal senso sono state ad esempio espresse in Italia da Confindustria, con riferimento alle industrie italiane che forniscono componentistica proprio per le auto Volskwagen destinate al mercato statunitense. Per Bankitalia si è di fronte ad un “caso grave” di cui sarà difficile valutare le conseguenze economiche; è certo però che Dieselgate mette in pericolo la già difficile ripresa economica.

Mentre vengono richiesti test e controlli anche sui modelli di altre case automobilistiche, qualunque siano gli esiti di questa crisi del settore delle auto, per l’Europa questo è il momento di porsi degli interrogativi sul futuro della propria politica ambientale ed industriale. L’impossibilità della Commissione di procedere a controlli più approfonditi nel 2013 mette in evidenza gli scarsi poteri a disposizione dell’Unione; nonostante sia la stessa UE a proporre programmi di riduzione dell’inquinamento (si prenda come esempio il programma Europa 2020) rimane il controsenso per cui la politica ambientale è ancora una prerogativa degli Stati nazionali. Ciò rischia di ledere la credibilità dell’Unione nel contesto internazionale in tema di difesa dell’ambiente e tutela del consumatore; non pochi hanno sottolineato gli effetti che lo scandalo Volskwagen rischia di avere sulle trattative per il TTIP con gli USA.

Dal punto di vista della politica industriale, Dieselgate ha messo in luce quanto sia paradossale il forte legame tra governi e grandi industrie nazionali in un contesto di forte interdipendenza economica. Il rischio “contagio” dello scandalo Volskwagen dovrebbe far riflettere gli europei sulla necessità di avere una vera politica industriale europea che sia in grado di intervenire non solo sui controlli (dotandosi ad esempio di una agenzia federale sul modello dell’EPA statunitense), ma anche sulle strategie di investimento e ricerca.

 

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