Gli USA sono sempre più in difficoltà nel condurre la propria politica estera.

La scelta di indirizzare i propri sforzi nell’area medio orientale, all’indomani dell’attacco terroristico alle torri del settembre 2001, ha distolto gli USA dal seguire con attenzione le vicende del proprio continente, considerato da sempre un “cortile di casa”. Questa minore attenzione ha favorito il nascere, nell’area latino americana, di nuovi protagonisti dichiaratamente anti statunitensi come il presidente Chavez (Venezuela) e Morales (Bolivia) che si sono uniti allo storico avversario di sempre: Cuba.

Anche gli storici alleati come il Brasile, però, in questi ultimi anni stanno intraprendendo una propria politica estera autonoma, assumendo una importante leadership nell’area che è riuscita a contrastare le politiche commerciali statunitensi, affossando il progetto dell’area di libero scambio (ALCA) proposto dal presidente Bush padre e che Bush junior intendeva rilanciare.

A questo si aggiunga che la Cina, in questi ultimi cinque anni, ha avviato importanti progetti di investimento nella regione latino americana in settori strategici quali quelli energetico e satellitare, intaccando ulteriormente la leadership USA nel sub continente.

Le difficoltà degli Stati Uniti nel ricoprire il ruolo di poliziotti del mondo è evidente. Questa debolezza è una conseguenza, oltre che di errori di valutazione compiuti dal governo americano, della difficoltà di gestire da soli gli equilibri mondiali dopo il crollo dell’URSS. La Russia si sta solo da poco riprendendo ed è alle prese con diverse crisi regionali al suo interno ed ai suoi confini. La Cina inizia a svolgere un proprio ruolo internazionale, ma in questa fase di forte crescita economica è soprattutto interessata a stipulare accordi commerciali e finanziari con i paesi ricchi di materie prime: solo nel medio periodo questa sua politica, è destinata a darle un ruolo di leadership. Il vero assente nello scenario internazionale è l’Europa, che, con la sua divisione, non garantisce alcun aiuto né agli USA né alla vicina Russia, né tantomeno ai paesi in via di sviluppo.

La complessità della politica internazionale tuttavia non giustifica alcune recenti decisioni americane, come la legge approvata dal Congresso nei primi giorni di ottobre di quest’anno, in base alla quale è stato deciso lo stanziamento di 7 miliardi di dollari per costruire un muro lungo il confine con il vicino Messico. Questo progetto è finalizzato a contrastare l’immigrazione clandestina.

Il muro, già denominato dal governo del Messico, il nuovo Muro di Berlino, sarà lungo 1.130 Km lungo una frontiera che in realtà è di 3.379 Km. Si tratta di una scelta che non solo crea contrasti con un paese tradizionalmente alleato, ma che lascia trasparire tutta la debolezza e la paura dell’attuale leadership statunitense. Pensare che un muro (per altro lungo la sola metà del confine) possa evitare l’immigrazione clandestina, fa pensare ad una nuova linea Maginot.

La verità è che gli USA, oltre a conoscere un momento di difficoltà in politica estera, stanno vivendo un profondo cambiamento al proprio interno. La forte immigrazione, in particolare latino americana, sta mutando usi e costumi della nazione suscitando paure e contrasti nella parte più ricca della popolazione. L’ultimo censimento USA del 2000 ascrive alla categoria Hispanic 37 milioni di persone, il 13% della popolazione (esclusi i portoricani), che sostituisce al secondo posto come gruppo etnico del paese gli afroamericani. In alcuni Stati dell’Unione lo spagnolo, proprio a seguito della forte immigrazione, è divenuta la prima lingua (Texas, New Mexico e Arizona). In alcune grandi città come Los Angeles o San Antonio il 50% della popolazione è ispanica. Questa forte presenza è destinata certamente ad influenzare nel prossimo decennio anche l’elezione del Presidente degli USA e di conseguenza influenzerà le scelte in campo politico.

Oggi però gli ispanici sono ancora una minoranza, vista con timore: da qui nasce l’idea che un muro possa frenare il flusso migratorio illegale che negli ultimi venti anni è stato di oltre 12 milioni. Gli USA rappresentano ancora il paese del miraggio della ricchezza, del riscatto dalla povertà: a questa immagine stanno frapponendo un muro che è destinato in realtà a creare una ulteriore frattura con i vicini paesi latino americani che in occasione del vertice Iberoamericano di Montevideo hanno votato in modo unanime contro la barriera xenofoba.

La costruzione di questo muro rischia in definitiva di mettere ulteriormente in evidenza le contraddizioni e le debolezze degli USA e non di risolvere il problema delle emigrazioni, né di impostare in modo nuovo i rapporti con i paesi latino americani. Ma da altre parti sviluppate del mondo, come l’Europa, non vengono per il momento suggerimenti, aiuti o politiche migliori.

 

Informazioni aggiuntive