Alcuni recenti interventi (Lamassoure, Barnier, Vitorino, Giscard d'Estaing), hanno riproposto il problema di come fare l'Europa e da essi emerge la necessità, per i federalisti, di chiarire il significato dell'approccio comunitario.
A questo proposito è interessante osservare che, mentre tutti ­ per lo meno i politici impegnati in questo dibattito ­ dimostrano ormai di sapere che cosa implica l'approccio federalista (la creazione di uno Stato federale), e per questo lo rifiutano, tutti aderiscono entusiasticamente al metodo comunitario come unica soluzione a tutti i mali dell'Europa, senza curarsi delle contraddizioni in cui cadono nel fare questa scelta.
Emblematico in proposito il contributo alla discussione fornito dai Commissari europei Barnier e Vitorino alla Convenzione europea (3-09-02), in cui si giustificano così la confusione ed i dubbi sulla portata e le caratteristiche del metodo comunitario: "Ciò è dovuto principalmente alla mancanza di una definizione precisa della nozione di "metodo comunitario"', nonché al fatto che i trattati prevedono diversi modi di funzionamento dell'Unione europea, a seconda dei vari settori. Ne consegue che il semplice riferimento al metodo comunitario non basta, poiché esso puo' essere inteso, a seconda degli interlocutori, in molti modi diversi." Per questo, e anche perché il ruolo attribuito via via al Consiglio europeo dai vari trattati ha introdotto molte varianti rispetto al metodo comunitario, diventa opportuno, secondo Barnier-Vitorino riferirsi ad un metodo comunitario "puro", caratterizzato "dal voto a maggioranza qualificata, che ha consentito di evitare i rischi di blocco derivanti dal sistema di voto all'unanimità, di approfondire l'integrazione e di ottenere risultati più precisi, pur garantendo che le decisioni prese esprimano la volontà politica dei rappresentanti di una grande maggioranza dei cittadini europei. E in effetti il passaggio dal voto all'unanimità a quello a maggioranza qualificata ha segnato, in ambiti importanti, una vera e propria svolta nell'azione comunitaria.".
Applicando ed affermando il metodo comunitario "puro" si metterebbe dunque finalmente l'Europa a 15, 25, 27 e infine a 30, in grado d'agire. Sulla stessa lunghezza d'onda si è espresso Giscard d'Estaing (Corriere della Sera del 13-09-02) - "è una questione di metodo" ha ribadito Giscard -, annunciando che esiste ormai un largo consenso sull'estensione della maggioranza qualificata anche alla politica estera, cadendo in contraddizione laddove aggiunge "tranne pochissime eccezioni" (sic!), tra cui fiscalità e la stessa politica estera e di difesa con la formula dell'opting out per i paesi dissenzienti.
Sulla stessa linea si è attestato il Parlamentare europeo Lamassoure (contributo alla Convenzione europea 3-09-02), appellandosi al modello comunitario ­ questa volta definito "sui generis", ma sostanzialmente con le stesse caratteristiche descritte da Barnier e Vitorino - per superare le contraddizioni confederali, e le difficoltà (l'opinione pubblica non sarebbe ancora favorevole) di affermare il modello federale degli Stati Uniti d'Europa.
Come giudicare queste posizioni? L'approccio comunitaristico per fare l'Europa si innesta sulla linea del gradualismo costituzionale teorizzato e praticato dai federalisti europei fino alla battaglia per la creazione della moneta europea, oppure non è altro che l'estremo tentativo per mantenere in vita quello che c'è ­ Stati nazionali e Comunità/Unione -, e per evitare il salto federale?
Per il MFE rispondere senza ambiguità a questa domanda rappresenta una questione di vita o di morte. Attualmente la situazione è questa: le dichiarazioni e le analisi della Segreteria nazionale MFE avvalorano la prima ipotesi; chi invece si oppone a questa posizione privilegia la seconda. Si tratta di una divergenza su come fare l'Europa che evidentemente pone il problema dell'identificazione di alleati, compagni di viaggio e nemici della lotta federalista, diversi. Prendiamo per esempio in considerazione le parole usate da Lamassoure nel suo contributo, quando dice: "Le véhicule européen a toujours eu besoin d'une source d'énergie première. La volonté politique des gouvernements a longtemps joué un rôle déterminant. Dans l'Europe des trente, nul ne concevrait qu'un Etat ou un groupe d'Etats exerce un leadership de fait. Le Parlement européen n'a pas la vocation de jouer ce rôle, et le Conseil sera devenu trop nombreux. Le moteur ne pourra donc être que l'exécutif européen, s'il dispose d'une vraie légitimité populaire. C'est l'aboutissement normal de la révolution du peuple". Nell'ottica comunitaria di Lamassoure la situazione è dunque ormai tale da consentire: a) un'ineluttabile estensione del voto a maggioranza qualificata a tutte le materie (sarebbe solo questione di tempo); b) la creazione di un esecutivo sufficientemente forte che, sfruttando l'appoggio popolare, sarebbe in grado di estendere il suo raggio d'azione e risolvere i problemi dell'Europa. Si tratta di una previsione condivisibile o da criticare? Essa favorisce o ostacola la lotta per la creazione di una federazione europea? Per rispondere a questa domanda occorre innanzitutto prendere atto che attualmente non c'è nessuna volontà ­ neppure in Lamassoure evidentemente - di battersi per trasferire davvero la sovranità dal livello nazionale a quello europeo: i sostenitori del metodo comunitario, sia che parlino come Commissari europei, o come parlamentari europei, o come leaders politici nazionali, dichiarano anzi apertamente di non volersi battere per la soluzione federale. Non è del resto realistico pensare - e gli autori dei contributi e delle interviste citati lo sanno -, che l'estensione del voto a maggioranza impedisca ai singoli governi nazionali di continuare a decidere se e quando sottostare alla volontà della maggioranza. Barnier e Vitorino riconoscono nel loro contributo che nell'Europa del mercato e della moneta unici sopravvivono tranquillamente più di cinquanta "basi giuridiche del Trattato CE", oltre ai campi della politica estera e di difesa, che impongono il voto all'unanimità del Consiglio europeo.
Sostenere il metodo comunitario, "puro" o "sui generis" o alla Giscard, significa quindi in definitiva cadere nella trappola dei nemici dell'Europa, cioè di coloro i quali, pur consapevoli delle sfide di fronte alle quali ci troviamo, credono che l'Europa possa continuare a tempo indeterminato a non farsi Stato senza subirne le conseguenze.
Per questo non bisogna esitare a denunciare la pusillanimità di leaders politici come Barnier, Vitorino, Giscard e Lamassoure che, pur essendo nella posizione di poter influire positivamente nella battaglia per la creazione di uno Stato federale europeo, preferiscono ingannare gli europei, cercando di far loro credere che in fondo l'Europa si sta muovendo nella giusta direzione, quando invece si stanno preparando le premesse per la sua definitiva disgregazione ed emarginazione.

 

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