Pubblichiamo ampi stralci di un articolo di Altiero Spinelli apparso su AZIONE FEDERALISTA nel Novembre 1955 che, a distanza di quasi cinquant’anni, è ancora di grande attualità.

Dopo la fine della guerra, la situazione dei paesi europei che non erano caduti sotto il giogo sovietico era così miserevole che l’idea dell’unità europea vi si è diffusa con relativa facilità, ed è perfino divenuta il programma di politica estera in un certo gruppo di paesi (i Sei).…

Questo periodo di crisi acuta del sistema delle sovranità nazionali e dei tentativi per dominarle si è aperto nel giugno 1947. Gli uomini di Stato europei ne hanno preso coscienza da un discorso di Marshall all’Università di Harvard; la crisi ha avuto fine nel marzo del 1953 quando questi stessi uomini di Stato si sono inchinati di fronte alla volontà di sabotaggio del ministro “europeo” Bidault, decidendo di sotterrare il progetto di statuto della Comunità europea che l’Assemblea ad hoc aveva loro affidato…

Durante questi cinque anni… il ruolo dei federalisti era chiaro...

Ma la preparazione politica dei federalisti era essa stessa molto mediocre. Una buona parte delle loro energie è stata usata non per esercitare questo ruolo di consiglieri, ma per cadere in deliquio di fronte ai tentativi falliti del Consiglio dell’Europa, gemere di fronte alle esitazioni dei ministri, fare discussioni bizantine sulla partecipazione dell’Inghilterra alla federazione…

Attraverso numerose incertezze, i federalisti sono arrivati a formulare, con una relativa chiarezza, i consigli che bisognava dare ai ministri e a farsi ascoltare, perlomeno parzialmente. Soltanto alla fine del 1949 essi sono arrivati ad esprimere l’idea che la federazione doveva nascere da un patto federale tra Stati nazionali, contenente la Costituzione dello Stato federale e le sue competenze…

Intanto il momento più favorevole stava per passare…

Alcuni ministri “europei” sono ancora in carica qua e là, fanno ancora delle dichiarazioni e dei gesti “europei” sempre più timidi e sempre più rari. A non vedere che non hanno più la libertà di movimento del passato, che sono ormai prigionieri delle forze della conservazione nazionale, a prenderli ancora sul serio come “europei” per dar loro ancora fiducia, non ci sono più che… dei federalisti!…

Molti di loro… hanno imparato questo mestiere di consigliere così bene e così tardi, hanno così mal compreso le circostanze politiche intorno alle quali avrebbero dovuto essere ascoltati, da credere di poter ancora continuare a esercitare questo stesso mestiere...

Se i federalisti debbono oggi rifiutarsi di continuare a svolgere questo ruolo, ciò non è dettato da non si sa quale spirito di estremismo, né da rancore contro gli uomini di Stato che, fino a ieri, hanno agito in senso europeo. Si tratta di un giudizio politico freddo e ben meditato. Uomini di Stato quali Spaak, Schuman, Adenauer, Beyen, dovevano essere considerati come alleati fin tanto che potevano agire per creare una autorità sopranazionale reale. Da quando essi non hanno più questa libertà, da che essi sono ridivenuti i servitori e gli amministratori degli Stati nazionali e delle forze della conservazione nazionale, i federalisti non hanno più che da considerarli, secondo i casi, come transfughi o come prigionieri dello Stato nazionale. Tutti coloro che, tra i federalisti, continuano a concepire la nostra azione come legata alla loro, debbono essere giudicati allo stesso modo.

Le forze favorevoli all’unità europea non possono nelle attuali circostanze essere organizzate che in uno spirito di opposizione, una opposizione che non prende di mira i governi e i partiti nazionali, ma lo Stato sovrano come tale e la politica di conservazione nazionale che esso comporta…

Finché i momenti di crisi non si imporranno in tutta la loro gravità a un certo gruppo di Stati europei – che non sarà obbligatoriamente il gruppo dei Sei – le forze della conservazione nazionale manterranno il loro predominio. I federalisti non potranno imporsi. Se essi credono di dare una prova d’astuzia e di malizia dando suggerimenti modesti, nella speranza che essi saranno accettati, per lo meno in parte, e che così il federalismo penetrerà nella cittadella del nemico senza che alcuno se ne accorga, le loro speranze saranno stroncate. Le forze della conservazione nazionale impiegheranno forse queste formule modeste perché esse sono diventate nella politica mondiale attuale troppo miserabili e troppo disprezzabili per permettersi di parlare il linguaggio del loro cuore che è il linguaggio nazionalista: ma esse continueranno il loro cammino. Di suggerimento in suggerimento, di sconfitta in sconfitta i federalisti si logoreranno e perderanno la fiducia di coloro che avranno chiamato all’azione europea. Al momento della crisi, essi saranno divisi, indeboliti, scoraggiati e incapaci di pensare e di agire…

Nei momenti di crisi, per ottenere che la loro richiesta sia ascoltata e accettata, per acquistare una tale potenza di intervento, per impiegarla al momento opportuno, i federalisti non debbono tentare di dissimularsi dietro formule vuote, anodine, equivoche. Essi debbono mostrare con chiarezza i loro obiettivi, smascherare senza pietà le contraddizioni, gli ostacoli, i pericoli e la finale sconfitta verso cui ci conduce ineluttabilmente la politica degli Stati nazionali. Questa posizione è realista, poiché è la sola capace di far maturare dei frutti reali. Ogni altra posizione che predichi la rassegnata accettazione della politica di conservazione nazionale e si limiti a “fare la morale” ai nostri governanti, è dottrinaria e sterile…

 

Informazioni aggiuntive