Le più recenti iniziative e dichiarazioni della dirigenza del MFE confermano senza alcuna ombra di dubbio che il nostro Movimento ha imboccato una strada che a mio giudizio è totalmente priva di sbocchi: quella del sostegno, sostanzialmente acritico, ad una linea strategica il cui fulcro si basa sull’assunto che la battaglia si vince (o si perde) solamente all’interno della Convenzione.

In proposito, vale la pena di rileggere l’“Esame critico del Progetto preliminare di Trattato costituzionale” (il c.d. documento Giscard) allegato alla recente circolare della Segreteria ove, già all’esordio, si sostiene che il “Movimento Federalista Europeo prende atto con soddisfazione che la Convenzione europea si propone di elaborare un progetto di Trattato costituzionale”. Il testo prosegue poi con alcune osservazioni critiche, in massima parte corrette sotto il profilo formale (vorrei dire “accademico”), che però mai affrontano la questione cruciale: l’assenza nel documento Giscard di un qualunque riferimento non equivoco al problema del trasferimento di sovranità dagli Stati nazionali all’Europa, in assenza del quale tutto il resto è – parafrasando Ernesto Rossi – “aria fritta”.

La questione è quanto mai evidente se si considerano le “critiche” formulate al punto 4 (governo dell’Unione), con particolare riferimento alla questione della politica estera e della difesa. Non è tanto quello che sta scritto in questo documento (ufficiale del MFE) che preoccupa, quanto quello che manca: si parla della politica estera e di difesa in termini di totale astrazione e senza chiedersi cosa significhi hic et nunc proporre una qualsivoglia soluzione “tecnica” (esecutivo bicefalo o comunitarizzazione della politica estera o quant’altro artifizio) nell’attuale quadro politico mondiale ed europeo che vede la Gran Bretagna (membro a pieno titolo dell’Unione) schierata attivamente a fianco degli Stati Uniti e gli altri paesi dell’Unione brancolare in ordine sparso su posizioni del tutto divergenti. Come si può pensare che si possa progredire nel quadro dell’Unione, ed in particolare nella Convenzione, ove siedono i legittimi rappresentanti di Gran Bretagna, paesi scandinavi ed altri ancora con tradizione neutralista (senza dimenticare i paesi candidati, tutti solidamente filoamericani), che mai accetteranno una qualsivoglia rinuncia alla sovranità in materia di politica estera e di sicurezza? Come si fa a non vedere che questo è un vicolo cieco dal quale non si esce se non si ottiene un’iniziativa che scaturisca da un’avanguardia di paesi che abbiano un minimo comun denominatore anche di opinione pubblica? E come si fa ad “ottenere” se non si “chiede”? Ed infine a chi chiedere se non ai paesi fondatori?

A questo riguardo, una domanda appare legittima: che cos’è oggi il MFE? È ancora un’organizzazione che vuole svolgere un ruolo di avanguardia rivoluzionaria e che pur con piena coscienza dei propri limiti sa che la sua vera forza dipende dalla sua capacità di mettere in luce le contraddizioni del processo e di mobilitare i propri militanti su “azioni” che possano modificare l’equilibrio del potere, oppure è diventato un semplice organismo di “consulenza” che spiega alla classe politica come si possano “migliorare” le soluzioni (sic!) in via di elaborazione all’interno della Convenzione, offrendo comunque ai convenzionalisti una sorta di assegno in bianco (il referendum) quale che sia l’esito finale dei loro lavori?

E purtuttavia il Movimento conserva un’enorme capacità di mobilitazione, come è anche dimostrato dalle recenti iniziative realizzate con indubbio successo sia dalla maggioranza (a Firenze, Lione ed altrove) sia dal gruppo che ha avviato l’azione di contestazione sui governi dei paesi fondatori (a Milano, Ferrara, Francoforte, ecc). Tale capacità è frutto in larga misura delle battaglie condotte nel passato che hanno abituato i militanti a pensare con la loro testa e li hanno temprati alla lotta politica e all’azione di piazza. Conserva altresì il MFE una grande influenza sull’UEF, anch’essa frutto delle scelte strategiche del passato – dalla lotta per l’elezione diretta del Parlamento europeo a quella per la moneta unica. Ma questa “capacità d’azione” quanto potrà durare se viene convogliata (e sterilizzata) su una linea strategica inadeguata ed incapace di riportare il MFE al suo ruolo di “antagonista” del potere (i governi), riducendolo al più alla funzione di un “consulente critico”, che lascia comunque ad altri (la Convenzione, gli Intergruppi, in genere i rappresentanti ufficiali dell’europeismo) la responsabilità di scegliere il campo di battaglia? Una battaglia persa su posizioni giuste permette di ricominciare la lotta, ma una battaglia persa su presupposti errati crea le condizioni per una crisi grave di disorientamento che può portare alla paralisi.

Cosa succederà al MFE quando l’esito della Convenzione sarà chiaro a tutti, ed i militanti che hanno scelto di seguire le indicazioni della dirigenza impegnandosi in questa lotta si renderanno conto che essa è stata vana perché, lungi dal realizzare il “salto” al “solido Stato internazionale” del Manifesto di Ventotene, avrà al massimo partorito il topolino dell’estensione del voto a maggioranza e di una (apparente) migliore organizzazione – in stile più aziendale che democratico – del processo decisionale e dell’architettura istituzionale dell’Unione? E

cosa accadrà in Europa e nel mondo se, nel frattempo, la crisi del Medio Oriente sarà esplosa drammaticamente (a seguito della guerra all’Iraq o dell’aggravarsi della crisi Israelo-Palestinese o di una rivoluzione fondamentalista in Arabia Saudita) e avrà provocato, in assenza di un’alternativa forte a favore dello “Stato” europeo, l’affermarsi di quelle forze centrifughe che già sono al lavoro e che potrebbero perfino far saltare il debole meccanismo confederale dell’Unione?

 

A queste considerazioni, molti militanti replicano criticando le scelte dei federalisti di Alternativa europea, sulla base dell’assunto che vi sono decisioni democraticamente prese (a maggioranza) negli organi del Movimento e che è responsabilità di tutti “allinearsi” su tali decisioni perchè altrimenti l’azione globale del Movimento si indebolisce, si crea sconcerto negli interlocutori politici, ecc.. Queste osservazioni meritano rispetto ed attenzione: tuttavia ad esse non si può non rispondere ricordando il passato, ricor


dando che vi sono state nella vita del Movimento, altre situazioni in cui un gruppo – all’inizio minoritario

 

– si è opposto, con parole ma anche con iniziative politiche, al gruppo che in quel particolare momento deteneva la maggioranza. Ne è chiara testimonianza la risposta di Mario Albertini ad un militante federalista che lamentava le divisioni all’interno del Movimento provocate dal gruppo di Autonomia federalista al Congresso di Montreaux (“... invece di far squadra per realizzare la volontà della maggioranza, ogni minoranza si crede il peggior nemico dell’altra ...e cerca di rovesciare i dirigenti ...”).

 

Così rispondeva Albertini: “... penso che lei dovrebbe dispiacersi non del mio atteggiamento ma della situazione attuale del MFE. Così come è oggi, esso non è in grado di realizzare i suoi scopi statutari, ossia di contribuire alla creazione della Federazione europea ...

 

Che fare allora? Lasciare in carica questa maggioranza e continuare questa politica che non porta a


nulla o cercare di cambiarla per sperimentare una nuova politica? Qua e là, alla base, ottiche diverse da quelle della maggioranza hanno dato risultati eccellenti. Perché non tentare? Perché dichiararsi soddisfatti dell’attuale impotenza? Naturalmente ciò implica una lotta di potere all’interno del MFE. Ma lei si alza per dire: voi dimenticate l’ideale comune, voi cercate la divisione anziché l’unione, voi mancate al vostro dovere di solidarietà. È evidente che occorrono l’unità, la solidarietà, ecc.. Ma lei dimentica che occorre l’unità sulla via giusta e che questa unità si può trovare soltanto ponendo il Movimento sulla via giusta”.

Questa è anche la nostra risposta, con la conferma del nostro impegno di continuare nella lotta per riportare il Movimento, tutto il Movimento, sulla “via giusta”, sulle posizioni di avanguardia rivoluzionaria con una chiara consapevolezza del processo e con la determinazione di assumere di nuovo la leadership delle forze “europeiste” verso l’obiettivo di Ventotene: la Federazione europea.

 

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