Nel capitolo sull’Europa, la bozza del nuovo programma della CDU, dopo aver ribadito l’impegno europeo del partito, la necessità di agire in ambito europeo per affrontare le più importanti sfide mondiali e l’importanza quindi di proseguire e sostenere il processo di integrazione europea, anche attraverso l’adozione di un “nuovo trattato base”, inquadra così il problema del futuro dell’Unione europea: “Gli Stati nazionali devono trasformarsi, ma non sparire. L’Unione europea non è e non deve diventare uno Stato. Nell’ambito delle competenze che le sono attribuite opera tuttavia in base a principi e competenze federali”.

Questa affermazione fa propria la tesi, come è stato successivamente precisato da alcuni portavoce della CDU, secondo la quale sarebbe possibile unire politicamente l’Europa su basi federali senza fondare un nuovo Stato europeo. Che una simile confusione domini le teste di molti uomini politici non è un mistero: per giustificare l’assenza di volontà e di coraggio nell’abbandonare la sovranità nazionale cercando al tempo stesso di salvarsi l’anima europeista, sempre più spesso si ricorre a formule ambigue di questo tipo. Basti pensare a quelle secondo cui l’obiettivo della creazione di uno Stato federale non si pone per un modello istituzionale così sui generis come sarebbe quello comunitario europeo o per un’Unione il cui destino sarebbe al massimo quello di rimanere un cantiere permanentemente aperto di una federazione atipica e incompiuta. Stupisce piuttosto che questa confusione venga alimentata da un partito che appartiene ad una famiglia politica di grandi tradizioni federaliste (Adenauer, De Gasperi e Schuman) e per di più di un paese in cui l’unità politica su basi federali si fonda proprio sull’esistenza di uno Stato e non su una generica unione politica o su istituzioni sui generis. Questo dato di fatto è stato del resto confermato una quindicina d’anni fa dalla stessa riunificazione delle due Germanie, che si è compiuta attraverso l’allargamento della sfera di governo di uno Stato esistente, quello di Bonn, rispetto a quello di un altro Stato esistente, quello di Berlino Est, e non mantenendo due Stati separati semplicemente seguendo principi e metodi federali.

Sostenere questo modello d’Europa sui generis, à la carte, o incompiuta che dir si voglia fa il gioco di chi coltiva ancora qualche disegno di rilanciare delle politiche nazionali dietro la facciata rassicurante di un’Unione di Stati pacifica e prospera. Due fattori contribuiscono a rafforzare questa corrente di pensiero. Il primo fattore è costituito proprio dall’evidente impossibilità, ammessa ormai anche dai politici tedeschi più consapevoli, di realizzare qualsiasi serio progetto politico a Ventisette. Il secondo fattore è invece costituito dalla crescente, relativa ma reale, maggiore potenza economica, commerciale e militare in campo convenzionale della Germania riunificata. Per uscire da questa pericolosa impasse occorre rilanciare davvero il processo di unificazione politica dell’Europa, richiamando la classe politica tedesca alle sue responsabilità storiche di contribuire alla creazione di uno Stato federale europeo nell’unico modo in cui questo è possibile, cioè partendo da un nucleo di paesi. Il resto è solo pericolosa illusione nazionalista ammantata di retorica europeista.

 

Informazioni aggiuntive