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Editoriale
Già si iniziano a vedere i segni della nascita di un nuovo assetto bipolare, in cui si confronteranno un solido blocco orientale, costruito intorno all’asse russo-cinese e gli Stati Uniti con alcuni alleati occidentali. Cosa intendono fare gli europei a fronte di questi scenari futuri?
L’Europa non ha fatto il salto federale e la Germania ha ormai da tempo ripreso, a fianco della sua tradizionale politica europea, una politica che si può, a buon diritto, definire nazionalista.
La globalizzazione sta liberando immense energie e risorse produttive, economiche e commerciali, che solo i grandi Stati di dimensione continentale sono ormai in grado, se non di controllare completamente, almeno di contenere, dirigere, adattare.
Il Cremlino, pur con tutte le inevitabili difficoltà, non solo persegue in campo energetico una politica di potenza consapevole e determinata nei confronti dei vicini, ma sta riuscendo anche a realizzarla con successo.
In occasione di un convegno svoltosi presso l’Istituto universitario europeo di Firenze il 9 febbraio scorso, è stata discussa la proposta di un referendum consultivo per la ratifica del Trattato costituzionale (TCE) emendato da indirsi in concomitanza con le elezioni europee del 2009. Ma si tratta di una via scarsamente probabile.