Europa

L'esito del referendum scozzese, con il quale il 55,3% dei votanti ha rifiutato l'indipendenza della nazione, rischia paradossalmente di aprire un vero e proprio “Vaso di Pandora” istituzionale, i cui esiti, ancora aperti, contemplano anche la possibilità di una federalizzazione del Regno Unito. La promessa di Cameron e di tutto lo schieramento unionista di una maggiore devoluzione verso Holyrood in caso di vittoria del No è considerata da molti commentatori e politologi come decisiva per l’esito finale della consultazone, sebbene non risulti essere molto gradita al resto dei sudditi di Sua Maestà. Il Galles e l'Irlanda del Nord cominciano a chiedere gli stessi trattamenti riservati alla Scozia (oltre all'upgrade delle loro assemblee nazionali a parlamento, come quello scozzese) mentre  i più irritati da questa situazione risultano essere proprio i cittadini dell'Inghilterra. Alla stragrande maggioranza dei cittadini inglesi non piace l'idea di una semplice maggiore devoluzione per gli scozzesi senza che questa implichi una riforma istituzionale interna.

Nel novembre del 2013 il governo ucraino guidato da Viktor Janukovyč annunciò di aver rifiutato l’accordo di associazione con l’Unione europea lasciando intendere che l’Ucraina avrebbe aderito alla proposta di Vladimir Putin di entrare a far parte dell’Unione eurasiatica. La scelta di Janukovyč diede il via ad una serie di manifestazioni di piazza che portarono alla caduta del suo governo e allo scoppiare del conflitto che vede l’Ucraina divisa tra l’attuale governo, guidato da Petro Porošenko, e i separatisti russofoni.

Nonostante i risultati delle ultime elezioni europee abbiano dato la maggioranza dei seggi alle forze europeiste, abbiamo assistito in molti Stati ad un incremento dei consensi dei partiti euroscettici e nazionalisti. Nel Parlamento europeo detengono circa il 30% dei seggi, anche se non sono da considerare come un corpo unico poiché tra un partito e l'altro ci sono delle divergenze. Un tema molto importante sembra però accomunarli: l'immigrazione.

Di questo articolo è disponibile la versione in francese.

I drammatici avvenimenti che dalla fine del 2013 si stanno verificando in Ucraina, pongono seri interrogativi sui futuri scenari geopolitici in Europa e nel mondo. La crisi ucraina non è solo una crisi regionale, perché uno dei Paesi maggiormente coinvolti, la Russia, sta ritornando prepotentemente sulla scena politica decisa a svolgere, come nel recente passato, un ruolo primario nello scacchiere internazionale. Per gli europei capire il processo in corso è indispensabile per la loro stessa sopravvivenza.

La crisi finanziaria ed economica che ha investito l’eurozona ha messo in luce la contraddizione di aver creato una moneta senza Stato. I governi europei più responsabili e le stesse istituzioni europee hanno dovuto prendere coscienza del fatto che l’unione monetaria, costruita mantenendo la politica economica a livello esclusivamente nazionale, senza un budget ad hoc indispensabile per istituzionalizzare la solidarietà tra i partner e per avere risorse disponibili per politiche di investimenti e di sviluppo, senza un meccanismo unico di sorveglianza delle banche e senza un fondo di salvataggio europeo per il sistema bancario, senza un sistema di governo legittimato democraticamente a livello europeo, non può funzionare.

La crisi economica ha minato la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nella politica, incluse quelle europee. Quando è iniziato il processo di integrazione, l'opinione pubblica era fortemente favorevole all’Europa nel nome della pace che l’unificazione del continente garantiva, e considerava il progetto europeo come un obiettivo eminentemente politico. Gli euroscettici, ovvero coloro che non credono che l'integrazione europea sia una scelta giusta e preferiscono salvaguardare la sovranità nazionale, erano invece poco numerosi.

Viste le numerose voci euroscettiche che si levano in questo momento, chi sostiene di voler meno integrazione ha valutato i costi della non Europa? Conosce i benefici e i vantaggi di azioni comuni intraprese a livello europeo in riferimento ad aree o settori specifici? E cosa vorrebbe dire rinunciarvi?

Il Parlamento europeo è un’istituzione composta da 766 deputati eletti nei paesi membri dell’Unione europea. Ogni Stato elegge un numero di parlamentari tendenzialmente proporzionale alla propria popolazione (anche se c’è una sovra-rappresentanza dei paesi più piccoli).

A gennaio l’ECOFIN, cioè il Consiglio dei ministri dell’economia e della finanza degli Stati membri dell’Unione europea, ha raggiunto un primo accordo di base sull’Unione bancaria, meccanismo che ha come scopo quello di monitorare lo stato dei bilanci delle principali banche europee ed intervenire qualora una di queste fosse in difficoltà o a rischio fallimento facendo si che il salvataggio non avvenga più tramite fondi degli Stati (e quindi dei cittadini) ma tramite un fondo privato finanziato dalle stesse banche.

Chi avrebbe mai immaginato che lo stralcio degli accordi di libero commercio con l’Unione europea da parte del governo di Yanukovich, ci avrebbe condotto ad una crisi politica internazionale tra Russia da una parte e USA ed Europa dall’altra, rievocando scenari da Guerra fredda? L’incertezza sul futuro dell’Ucraina è totale e molto dipende dalle future mosse della Russia di Putin e dagli USA di Obama. In questi giorni l’apice della crisi appare essere l’annessione della Crimea (territorio strategico per le basi navali militari russe) attraverso un referendum. Le conseguenze di questo gesto politico possono innescare un fenomeno di balcanizzazione con esiti molto drammatici. Sarajevo docet.

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