E’ evidente la debolezza strutturale dell’industria europea, che da un lato è chiamata a creare raggruppamenti di imprese per poter competere a livello mondiale nei settori strategici, mentre dall’altro deve sottostare alle politiche nazionali.

Al di là degli auspici e della retorica transatlantica, nell’ambito delle politiche del WTO, tra le due sponde dell’atlantico permangono invece notevoli differenze e contrasti nella strategie commerciali.

Lo strumento che dovrebbe difendere parte dell’Europa da possibili attacchi iraniani è la nuova pedina del Pentagono nello scacchiere europeo, in una partita giocata con il rivale di sempre: la Russia.

Documento del Comitato per lo Stato federale europeo.

In occasione della riunione dell’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa nel novembre 1951, un gruppo di parlamentari sollevò la questione di avviare la costruzione di un nucleo federale fra i Sei per superare l’opposizione della Gran Bretagna e dei paesi scandinavi all’unificazione politica dell’Europa.

Editoriale

Già si iniziano a vedere i segni della nascita di un nuovo assetto bipolare, in cui si confronteranno un solido blocco orientale, costruito intorno all’asse russo-cinese e gli Stati Uniti con alcuni alleati occidentali. Cosa intendono fare gli europei a fronte di questi scenari futuri?

L’Europa non ha fatto il salto federale e la Germania ha ormai da tempo ripreso, a fianco della sua tradizionale politica europea, una politica che si può, a buon diritto, definire nazionalista.

La globalizzazione sta liberando immense energie e risorse produttive, economiche e commerciali, che solo i grandi Stati di dimensione continentale sono ormai in grado, se non di controllare completamente, almeno di contenere, dirigere, adattare.

Il Cremlino, pur con tutte le inevitabili difficoltà, non solo persegue in campo energetico una politica di potenza consapevole e determinata nei confronti dei vicini, ma sta riuscendo anche a realizzarla con successo.

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